Agrigento, crisi idrica, l’ospedale, il Gattopardo, la nave

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Come forse sarebbe davvero e da subito alleviabile la crisi idrica ad Agrigento e dintorni. Dal decreto ingiuntivo di Siciliacque, al caso “ospedale”, “Il Gattopardo” e la nave dissalatore.

Prima la società privata Girgenti Acque ha acquistato l’acqua da Siciliacque, e poi così è stato ed è anche per l’Aica, l’Azienda consortile pubblica dei Comuni agrigentini. Al tempo del 2017 Siciliacque ha vantato un credito verso la società di Marco Campione di oltre 28 milioni di euro, che è stato poi progressivamente saldato fino a ridursi a poco più di 4 milioni di euro nel 2021, come emerso dalla relazione semestrale firmata nel giugno 2022, anche perché ampia parte del debito è stato compreso nel fallimento della società Girgenti Acque. Adesso il credito di Siciliacque è lievitato ancora, e la società, che distribuisce ogni anno 70 milioni di metri cubi d’acqua potabile a più o meno 1.600.000 siciliani, batte cassa, e ha inviato all’Aica un decreto ingiuntivo di 18 milioni di euro per fatture non pagate e presunte violazioni reiterate del piano di rientro. L’Aica resiste in Tribunale contestando il provvedimento ritenendolo “immotivato”.

Siciliacque ha inoltre paventato misure di contenimento alla fornitura idrica se l’Aica non paga, sollevando lo spettro di una stretta al rubinetto che attualmente, in stato di emergenza, si rivelerebbe soffocante e mortale. Ecco perché il prefetto di Agrigento, Filippo Romano, sollevando e brandendo proprio l’arma dell’emergenza, riconosciuta dal governo nazionale, frena le intenzioni bellicose di Siciliacque, intimandole di non paventare iniziative che rischiano ancor più di turbare l’ordine pubblico.

E in tale potenziale “turbamento” dell’ordine pubblico, il prefetto Romano ravvisa un reato penale, sottolineando che sarebbe perseguito in termini di legge. Dunque: l’emergenza idrica in Sicilia, e quindi anche nella provincia agrigentina, è stata dichiarata dal governo nazionale. Il prefetto è il primo riferimento e rappresentante del governo nazionale nella provincia agrigentina. Ai primissimi giorni di agosto del 2009, il prefetto di Agrigento dell’epoca, Umberto Postiglione, a fronte del caso del “cemento depotenziato” e dell’ordinato sgombero da parte della Procura dell’ospedale “San Giovanni di Dio” di Agrigento, si rivolse pertanto al governo nazionale. E in prefettura piombarono il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, e il capo della Protezione civile, Guido Bertolaso. E l’ospedale di Agrigento fu posto sotto tutela e responsabilità della Protezione civile nazionale, scongiurando lo sgombero. Ad Agrigento a breve termine ci si affiderebbe ai pozzi di Bonamorone e di via Solferino, alle motoape (le “lape”) e alla manichetta di 70 metri per rifornire le casupole del centro storico.

E più a lungo termine alla riattivazione del dissalatore, colpevolmente abbandonato, e che è l’unica ancora di salvezza, come ha ben compreso il sindaco Franco Miccichè, che ha letto “Il Gattopardo”, in cui Giuseppe Tomasi di Lampedusa scrive che in Sicilia il sole batte e stordisce i siciliani per sei mesi da maggio a ottobre, rilanciando già nel secolo 19esimo l’emergenza siccità di oggi nel 21esimo. E tra le parole del Principe si legge: “Questo clima che c’infligge sei mesi di febbre a quaranta gradi; li conti, Chevalley, li conti: maggio, giugno, luglio, agosto, settembre, ottobre; sei volte trenta giorni di sole a strapiombo sulle teste; questa nostra estate lunga e tetra quanto l’inverno russo e contro la quale si lotta con minor successo”. Ebbene e ordunque: se emergenza è e sarà – sempre e ancor più a causa dei cambiamenti climatici, e riafferrando il caso dell’ospedale di Agrigento – il prefetto Romano, come Postiglione, si rivolga al governo nazionale.

E in attesa della riattivazione definitiva del dissalatore, almeno tra un anno se sono bravi, telefoni al ministro dell’Interno Piantedosi, che poi Piantedosi telefoni al ministro della Protezione civile, Musumeci, che poi Musumeci telefoni al ministro della Difesa, Crosetto, e che si invii subito, adesso, innanzi alla costa di Agrigento una nave dissalatore dell’esercito, sfruttando i sistemi di adduzione e conduzione da mare a terra che già sono stati costruiti nei primi anni duemila. Subito, perché sarà peggio, e ancora peggio, fino ad ottobre, e chissà: anche da novembre ‘24 ad aprile del ‘25, mesi siccitosi come lo sono stati da novembre ‘23 ad aprile ‘24. Filippo Romano e Franco Miccichè: bisogna sfruttare il mare, oggi con la nave militare, domani con l’impianto di Porto Empedocle. E basta.

Angelo Ruoppolo (Teleacras)

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