L’inchiesta antimafia “Xydi” nell’Agrigentino. La Procura di Palermo ha depositato la richiesta di rinvio a giudizio. Tra i destinatari anche Matteo Messina Denaro.
Lo scorso 28 settembre la Procura antimafia di Palermo ha notificato 30 avvisi di conclusione delle indagini preliminari a carico di altrettanti indagati nell’ambito dell’inchiesta antimafia “Xydi”. Nel frattempo gli stessi indagati non hanno opposto mezzi o documenti a difesa o, invece, li hanno opposti ma non sono stati ritenuti sufficienti per essere scagionati. E così, adesso, i 30 avvisati non sono più indagati ma sono imputati, perché a loro carico la Procura ha formulato la richiesta di rinvio a giudizio.
Si tratta di Matteo Messina Denaro, 59 anni, di Castelvetrano, e Giuseppe Falsone, 51 anni, di Campobello di Licata. Poi Giancarlo Buggea, 51 anni, di Canicattì. Luigi Boncori, 69 anni, di Ravanusa. Luigi Carmina, 55 anni, di Caltanissetta. Simone Castello, 71 anni, di Villafrati. Antonino Chiazza, 51 anni, di Canicattì. Emanuele Cigna, 21 anni, di Canicattì. Giuseppe D’Andrea, 50 anni, di Agrigento. Calogero Di Caro, 74 anni, di Canicattì. Vincenzo Di Caro, 40 anni, di Canicattì. Pietro Fazio, 48 anni, di Canicattì. Gianfranco Gaetani, 53 anni, di Naro. Antonio Gallea, 64 anni, di Canicattì. Giuseppe Giuliana, 56 anni, di Delia. Giuseppe Grassadonio, 50 anni, di Agrigento. Annalisa Lentini, 41 anni, di Canicattì. Calogero Lo Giudice, 47 anni, di Canicattì. Gaetano Lombardo, 64 anni, di Favara. Gregorio Lombardo, 66 anni, di Favara. Antonino Oliveri, 36 anni, di Canicattì. Calogero Paceco, 56 anni, di Naro. Giuseppe Pirrera, 62 anni, di Favara. Filippo Pitruzzella, 60 anni, di Campobello di Licata. Angela Porcello, 51 anni, di Naro. Santo Gioacchino Rinallo, 61 anni, di Canicattì. Stefano Saccomando, 44 anni, di Palma di Montechiaro. Giuseppe Sicilia, 42 anni, di Favara. Calogero Valenti, 57 anni, di Canicattì.
Lo scorso 2 febbraio 2021 la Procura antimafia di Palermo e i Carabinieri del Ros e del Comando provinciale di Agrigento hanno arrestato 23 indagati nell’ambito dell’inchiesta antimafia cosiddetta “Xydi”. A vario titolo gli si contestano i reati di associazione a delinquere di stampo mafioso, concorso esterno in associazione mafiosa, favoreggiamento personale, tentata estorsione e altri reati aggravati dall’avere favorito la mafia. Le indagini, avviate nel 2018, ruotano intorno alle famiglie mafiose agrigentine e trapanesi, e coinvolgono anche un ispettore ed un assistente capo della Polizia, Filippo Pitruzzella e Giuseppe D’Andrea, e un appuntato della Polizia penitenziaria, Giuseppe Grassadonio, presunti infedeli.
La punta del compasso delle investigazioni è stata un’avvocatessa di Canicattì, Angela Porcello, difensore di diversi mafiosi. Lei, in rapporto di amicizia con un presunto mafioso, Giancarlo Buggea, avrebbe assunto un ruolo di vertice in Cosa Nostra organizzando i summit, svolgendo il ruolo di consigliera, suggeritrice e ispiratrice di molte attività delle famiglie mafiose. Nello studio legale, rassicurati dall’avvocatessa dell’impossibilità di effettuare intercettazioni, si sono riuniti, per almeno due anni, i capi del mandamento di Canicattì, delle famiglie di Ravanusa, Favara e Licata, un ex fedelissimo di Bernardo Provenzano, Simone Castello, di Villafrati, e i riorganizzatori della Stidda, come Antonio Gallea, di Canicattì, tra i mandanti dell’omicidio del giudice Livatino. Il tutto è stato intercettato. Tra gli altri, l’avvocatessa Porcello ha assistito anche l’ex capo provincia di Cosa Nostra agrigentina, Giuseppe Falsone, il quale, nonostante fosse ristretto al 41 bis, tramite l’avvocatessa avrebbe ricevuto e veicolato informazioni, mantenendo così la direzione operativa della provincia mafiosa di Agrigento.
L’indagine ha confermato la perdurante posizione di vertice di Cosa Nostra di Matteo Messina Denaro, anche lui destinatario della misura cautelare e della richiesta di rinvio a giudizio, che ha continuato a impartire direttive sugli affari illeciti più rilevanti gestiti dai clan. Due avvocati di Canicattì, Annalisa Lentini e Calogero Lo Giudice, rispondono solo delle ipotesi di reato di falso e procurata inosservanza di pena perchè avrebbero, insieme alla collega Angela Porcello, falsificato la data di spedizione di una raccomandata al fine di rimediare a un errore nella presentazione dell’atto di appello di una condanna, nei confronti di un cliente della Porcello, nel frattempo divenuta definitiva.
Angelo Ruoppolo (Teleacras)