L’imprenditore e testimone di Giustizia, Ignazio Cutrò, condivide e rilancia all’appello a denunciare del capo della Squadra Mobile di Agrigento, Giovanni Minardi, ma solleva delle riserve.
L’imprenditore di Bivona e testimone di Giustizia, Ignazio Cutrò, più volte in rotta di collisione con lo Stato nell’ambito della gestione e della protezione di coloro che saltano il fosso del ricatto mafioso e collaborano con lo Stato, rilancia il recente appello del vice Questore e capo della Squadra Mobile di Agrigento, Giovanni Minardi, che, in occasione dei tre arresti per tentata estorsione a Porto Empedocle a danno di due imprese nel settore della nettezza urbana e di un imprenditore edile, ha invitato ancora una volta gli oppressi dalla oppressione criminale e mafiosa, tra imprenditori e commercianti, a denunciare. Ignazio Cutrò afferma: “Condivido l’appello del dirigente capo della Squadra Mobile, Giovanni Minardi, che giunge peraltro in un periodo in cui in provincia di Agrigento si registra un netto calo delle denunce per estorsione. Per un imprenditore taglieggiato, fidarsi dello Stato dovrebbe essere una priorità per vedere tutelati i propri diritti da cittadino e da datore di lavoro. Purtroppo – e la mia storia è un caso eclatante – lo Stato non sempre assume comportamenti degni di fiducia. Dopo la mia scelta di legalità ho dovuto sfidare non solo la mafia ma anche un sistema omertoso che, nello Stato stesso, ha quasi vanificato ogni sforzo compiuto. Più volte ho denunciato pubblicamente di essermi sentito abbandonato dalle istituzioni, per anni ho dovuto lottare per avere accesso agli atti legati alla mia vicenda, a documenti che non mi venivano forniti perchè inizialmente secretati, e che poi hanno dimostrato come certe branche dello Stato stavano trattando con imperizia la mia delicata situazione. Ribadisco che condivido l’accorato appello del capo della Squadra Mobile di Agrigento a denunciare, ma allo Stato rivolgo due interrogativi: e per il dopo? Farete in modo di evitare agli altri testimoni di giustizia lo stesso calvario che ho dovuto affrontare io?” – conclude. Ignazio Cutrò il 6 agosto del 2009 ha trovato davanti casa una croce di ceri su una piattaforma di cemento, come se fosse una tomba. Due camion gli sono stati bruciati il 23 novembre del 2006. Poi, tra altro fuoco, il 2 febbraio del 2006 ignoti hanno versato dell’acido dentro la coppa dell’olio di un suo escavatore. Subito dopo l’accensione il motore è fuso. Lui, Cutrò, ha sempre denunciato le estorsioni e gli attentati subiti. Alcune sue dichiarazioni sono state utili e determinanti nell’ambito dell’inchiesta antimafia cosiddetta ‘’Face Off ‘’: 6 arresti a Bivona il 15 luglio del 2008, nel mandamento della ‘’Bassa Quisquina’’, tra Santo Stefano di Quisquina, Bivona, Cianciana ed Alessandria della Rocca, il monopolio del mercato del calcestruzzo, gli appalti pilotati, i sub appalti e l’imposizione di manodopera.