“Violenza donne”, riecco il reddito di libertà

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La Regione ha rifinanziato il reddito di libertà per sostenere il riscatto sociale ed economico delle donne vittime di violenza. L’intervento dell’assessore Albano.

Nei giorni dell’emergenza per lo stop al reddito di cittadinanza, l’assessorato regionale alle Politiche sociali ha pubblicato l’avviso a sportello per il finanziamento del reddito di libertà, rivolto alle donne vittime di violenza e ai loro figli, al fine di favorirne l’affrancamento dalla situazione di violenza e l’indipendenza economica, l’occupabilità o la creazione di un’attività di impresa. Secondo i dati Istat aggiornati, in Italia il 31,5% delle donne ha subito una forma di violenza. E ciò ha reso necessaria l’introduzione di un contributo specifico, con l’obiettivo di aiutare le donne vittime, che versano in condizioni di non auto-sufficienza, a reinserirsi nella società e a rendersi di nuovo indipendenti. L’assessore regionale al ramo, Nuccia Albano, spiega: “Abbiamo rifinanziato una misura che aiuterà, come è successo in passato, alcune donne colpite da minacce o violenze a cambiare vita e intraprendere la strada del riscatto. Il reddito di libertà va inteso come un sostegno destinato alla donna che intenda, con un atteggiamento resiliente, riprendere in mano la propria vita e quella dei propri figli, per ricominciare in una condizione diversa, affrancata dalla violenza subita”. E poi aggiunge: “Si tratta soltanto di una parte di un progetto che mira a sostenere le donne vittime di violenza, in condizione di povertà, in un percorso di indipendenza economica, di autonomia e di emancipazione, attraverso la destinazione, per un determinato periodo, di una fonte di reddito stabile” – conclude. Nel dettaglio, sono disponibili 236.063 euro, fino a esaurimento fondi, destinati ai Comuni che, in sinergia con i centri antiviolenza o con le strutture di accoglienza a indirizzo segreto iscritte all’albo regionale, vogliono avviare un progetto personalizzato in favore delle donne vittime di abusi e maltrattamenti, anche con figli minori o disabili. Tra le spese ammissibili vi è il contributo al pagamento del canone di affitto per abitazione o attività lavorativa, l’acquisto di attrezzature, arredi, materie prime, le spese di attivazione delle utenze, le polizze assicurative, le licenze, i permessi, le autorizzazioni, apertura e tenuta di un conto corrente dedicato bancario o postale, e il percorso scolastico e formativo dei figli. La misura, inoltre, è compatibile con altri strumenti di sostegno al reddito. Destinatarie del contributo sono le donne residenti nel territorio italiano che siano cittadine italiane o comunitarie oppure, in caso di cittadine di Stato extracomunitario, in possesso di regolare permesso di soggiorno, e le straniere aventi lo status di rifugiate politiche o lo status di protezione. Potrà essere richiesto un contributo annuo non superiore a 10.000 euro per ciascuna donna. Non è la prima volta che tale bonus è attuato in Sicilia: nel 2021, al primo lancio del contributo, la Regione stanziò un finanziamento da 500 mila euro, ovvero per un massimo di 50 donne, considerando un contributo massimo da 10 mila euro. Oggi lo stesso contributo, che si può richiedere a sportello, riparte ma con fondi pari a soli 236 mila euro. Basteranno quindi per finanziare la ricerca dell’indipendenza economica di 23 o 24 donne siciliane, considerando il contributo massimo erogabile.

Giuliana Miccichè

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