Anche sette imputati agrigentini giudicati, tra condannati e assolti, al processo “Proelio”, per droga e furti di bestiame tra Sicilia e Calabria. 20 anni al sabettese Francesco Fragapane.
Il 7 giugno del 2017 è stato il giorno dell’operazione anticrimine cosiddetta “Proelio”. La Procura antimafia di Catania e i Carabinieri del Comando di Ragusa, in collaborazione con i colleghi del Comando di Agrigento, hanno arrestato 19 indagati, tra siciliani e calabresi, che sarebbero stati impegnati nel traffico e nello spaccio di sostanze stupefacenti, e nei furti di bestiame tra la Calabria e la Sicilia. Il clan di Cosa Nostra a Vittoria e a Comiso avrebbe acquistato cocaina in Calabria, dalle ‘ndrine della piana di Gioia Tauro. E poi la coca sarebbe stata smerciata in tutta la provincia di Ragusa e anche nella provincia di Agrigento. L’inchiesta avrebbe infatti ricostruito i legami tra gli esponenti della Cosa Nostra vittoriese e il clan agrigentino dei Fragapane. E dalle indagini è emerso che un’altra redditizia attività della mafia ragusana sarebbe stato l’abigeato, tra ingenti furti di capi di bestiame, rivenduti anche in Calabria. Ebbene, adesso è stata la volta del “redde rationem”, la resa dei conti di primo grado innanzi al giudice per le udienze preliminari del Tribunale di Catania, Salvatore Ettore Cavallaro, che ha emesso sentenza anche a carico di sette imputati agrigentini giudicati in abbreviato e con il beneficio dello sconto di un terzo della pena. A Francesco Fragapane, 38 anni, di Santa Elisabetta, figlio del boss ergastolano Salvatore ed inquisito anche nell’ambito della maxi inchiesta antimafia “Montagna”, sono stati inflitti 20 anni di carcere. Poi, 5 anni e 4 mesi a Giuseppe Quaranta, 51 anni, di Favara, che ha beneficiato delle attenuanti speciali previste dalla legge sui collaboratori della giustizia. Peraltro, lui, Quaranta, non ha confessato responsabilità dichiarandosi estraneo all’imputazione di essere stato partecipe dell’associazione che da droga e furti di bestiame avrebbe ricavato risorse finanziarie per le famiglie mafiose. E, nonostante ciò, il giudice Cavallaro lo ha riconosciuto colpevole e lo ha condannato, ritenendo dunque non attendibile la sua esclusione di colpa. E poi, 5 anni di reclusione a Salvatore Montalbano, 25 anni, di Favara. E poi 6 anni a Girolamo Campione, 41 anni, di Burgio. Tre sono stati gli assolti: Roberto Lampasona, 41 anni, di Santa Elisabetta, Antonino Mangione, 38 anni, di Raffadali, e Antonino Manzullo, 52 anni, di Burgio. E la pubblico ministero, Valentina Sincero, ha invocato la condanna a 8 anni e 4 mesi ciascuno per Lampasona e Mangione, difesi dagli avvocati Antonino e Vincenza Gaziano. Altri 5 imputati non agrigentini, allo stesso modo giudicati in abbreviato, sono stati condannati. Si tratta dei ragusani Carmelo Battaglia e Concetto Giuseppe Errigo, che hanno subito 20 anni di carcere ciascuno, così come i calabresi Giuseppe Piccolo e Vincenzo Politanò. E poi 8 anni sono stati inferti alla ragusana Ambra Errigo.
Angelo Ruoppolo (Teleacras)