“Giovà fatti la tua strada, io la mia, e statti lontano”

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Le intercettazioni nell’ambito dell’inchiesta “Artemisia” svelano ottimi rapporti tra Giovanni Lo Sciuto e Matteo Messina Denaro. L’intervento di Nello Musumeci sugli assessori indagati.

Altri particolari emergono nell’ambito dell’inchiesta cosiddetta “Artemisia” dei Carabinieri e della Procura di Trapani che ha sgominato una presunta superloggia segreta finalizzata a delinquere con sede operativa a Castelvetrano, città natale di Matteo Messina Denaro. E il presunto capo della loggia di stampo massonico, l’ex deputato regionale, Giovanni Lo Sciuto, si sarebbe vantato di suoi ottimi rapporti con il boss latitante dal 1993. E Lo Sciuto, intercettato, ad un amico massone si è rivolto così: “Quello là… siccome noi ci volevamo bene capito, assai ci volevamo bene, perciò da me puoi stare tranquillo che né mi manderà nessuno, né viene nessuno. E né mi mette in pericolo a me perché lo sa che, lo capisce che da me non deve venire nessuno perché consuma pure a me hai capito?”. Poi Giovanni Lo Sciuto ha raccontato che l’amicizia con Matteo Messina Denaro risale al tempo della gioventù, e le sue parole sono state: “Quando eravamo ragazzini ci volevamo bene, poi lui ha fatto la sua strada … minchia, come mi tratta. Però lui minchia quando ha preso quella strada mi ha detto ‘Giovà io faccio una strada, tu fai una strada, statti lontano’, minchia me lo è venuto a dire… mi ha detto ‘Giovà statti lontano, non è strada che spunta, io sono costretto”. E poi, ancora Lo Sciuto testimonia nelle sue conversazioni di essere protetto da Messina Denaro, e le sue parole sono state: “Diceva, da Giovanni Lo Sciuto non ci deve andare nessuno, lasciatelo stare a quello che quello deve fare un’altra strada”. L’ex deputato regionale Giovanni Lo Sciuto è stato anche componente della Commissione regionale antimafia, e in pubblico è stato solito dichiarare: “Sarò la sentinella per la provincia di Trapani”. Poi, invece, conversando con un suo amico massone, le parole di Lo Sciuto sono state: “Non sono in Commissione antimafia Nicò? Appena arrivano le lettere anonime sulla massoneria… Nicò appena ti arrivano quattro lettere anonime, non si capisce?… arrivano cose sulla massoneria, se sono cose di altri paesi non mi, quando sono cose di qui le prendo e le strappiamo”. Nel frattempo il Movimento 5 Stelle all’Assemblea Regionale ha invitato il presidente della Regione a pronunciarsi in riferimento ai quattro assessori regionali della sua Giunta che sono attualmente indagati: Lagalla, Cordaro, Turano e Falcone. E Musumeci ha risposto così: “Le indagini della magistratura condotte su ambienti e uomini politici sono sempre una garanzia per la buona politica. Sono una garanzia di costante monitoraggio, controllo, verifica ma anche deterrenza, specie in una terra assai difficile come la Sicilia. Ma attenti a non trasformare l’indagato in colpevole. Voglio essere più chiaro: mi fanno paura i politici giacobini, i sanculotti in servizio permanente, quelli che come iene e sciacalli aspettano, dietro l’angolo, la notizia di giornale per emettere sentenze di condanna e dare lezioni di moralità. I moralisti per professione sono una brutta categoria: usano la giustizia inquirente come arma politica per colpire un avversario altrimenti invulnerabile, o per coprire proprie inefficienze, colpe e persino doli, come fatti anche recenti dimostrano. Lo dico con la serenità di chi, per formazione e storia personale, crede di non potere ricevere lezioni di vita da nessuno: sono sempre stato garantista e non ho mai speculato su vicende giudiziarie che abbiano visto coinvolti uomini e donne di tutti gli schieramenti, grillini compresi. Chi riveste ruoli istituzionali, ad esempio nel Governo regionale o all’Assemblea, ha il dovere di chiedere trasparenza nel voto d’Aula (altro che voto segreto!) e l’applicazione di un codice etico per tutti, governanti, deputati e burocrati. Ma soprattutto ha il dovere di rispettare nel silenzio il lavoro della magistratura e attendere fiducioso il giudizio finale. Pretendendo che se a sbagliare è un politico, merita di essere condannato due volte!”.

Angelo Ruoppolo  (Teleacras)

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