Il Tribunale di Sorveglianza non concede la detenzione domiciliare a Giovanni Brusca. Le motivazioni del provvedimento: “Non ha chiesto scusa alle vittime”.
Il 20 maggio del 1996 lo hanno arrestato a Cannatello, frazione marina a sud est di Agrigento, seguendo la traccia del suo telefonino satellitare Gsm. Giovanni Brusca, che infiammò il tritolo della strage di Capaci e che ordinò di uccidere il ragazzino Giuseppe Di Matteo, poi si è pentito, ha ottenuto tanti permessi premio, ma non ha mai chiesto scusa o perdono ai familiari delle sue centinaia di vittime. Ecco perché adesso il Tribunale di Sorveglianza di Roma ha risposto no agli avvocati difensori di Brusca che hanno invocato la concessione degli arresti domiciliari per buona condotta. E il no lo hanno motivato in sette pagine: i giudici romani ricostruiscono la storia carceraria di Giovanni Brusca contando i permessi premio di cui beneficia dal 2003. Poi ricordano che già nel 2017 l’istanza per la detenzione a casa è stata respinta, e anche la Cassazione, confermando il no, ha rilevato la mancanza di atti riparatori verso le vittime. Poi gli riconoscono la volontà di dimostrare il suo cambiamento, e prova ne sono il contatto con un’associazione antimafia, il volontariato, l’ammissione dei propri efferati delitti senza opporre alcuna giustificazione, la riluttanza verso Cosa Nostra, e il suo contributo determinante in tanti processi. Tuttavia i magistrati di Sorveglianza scrivono che “a fronte dell’eccezionale spessore criminale di Giovanni Brusca, e del numero di omicidi commessi, per beneficiare degli arresti domiciliari non basta un mero ravvedimento ma serve un mutamento profondo e sensibile della personalità del soggetto tale da indurre un diverso modo di sentire e agire in armonia con i principi accolti dal consorzio civile. Non basta un rapporto collaborativo, che è piuttosto il presupposto della qualifica della collaborazione con la giustizia, nè è sufficiente un adattamento alle regole del carcere, ma sono richiesti comportamenti positivi e sintomatici che tendano a recuperare i valori morali dell’uomo”. E si tratterebbe di condotte che in Brusca non sono ravvisate. E poi i giudici concludono riferendosi ai rapporti tra Brusca e le sue vittime, e scrivono: “Risulta solo l’incontro con Rita Borsellino, avvenuto su iniziativa di lei. E non vi è mai stata una richiesta di perdono nè a lei nè ai suoi familiari”. In riferimento a ciò, Brusca si è più volte giustificato sostenendo di non voler mortificare le vittime chiedendo scusa. Dopo il pentimento, a Giovanni Brusca il carcere a vita è stato ridotto a 26 anni. Nel 2022 sarà libero. Da oggi al 2022 avrebbe voluto trascorrere il suo tempo a casa. Invece no.
Angelo Ruoppolo (Teleacras)