Il Dott. C.F. di 60 anni, di San Giovanni Gemini, aveva presentato un’istanza volta ad ottenere il rinnovo della licenza di porto di fucile per uso caccia, detenuta da parecchi anni; ma la Questura di Agrigento comunicava la sussistenza di motivi ostativi all’accoglimento della predetta istanza, riconducibili al fatto che il figlio del richiedente era stato segnalato per asserito uso di sostanze stupefacenti. Il richiedente presentava una memoria procedimentale, al fine di confutare i motivi ostativi prospettati dalla Questura, evidenziando che il figlio non era più convivente e che nei dodici anni di possesso del porto d’armi il richiedente aveva sempre dimostrato il pieno rispetto delle regole dell’esercizio venatorio. Nondimeno la Questura di Agrigento disponeva di non accogliere la richiesta di rinnovo; ed allora il sangiovannese proponeva un ricorso gerarchico al Prefetto della provincia di Agrigento. Ma il Prefetto rigettava il ricorso gerarchico; da qua la determinazione del sangiovannese di proporre un ricorso giurisdizionale davanti al Tar Sicilia, con il patrocinio degli Avvocati Girolamo Rubino e Daniele Piazza, per l’annullamento del provvedimento prefettizio di rigetto del ricorso gerarchico. Nelle more del giudizio veniva comunicato al ricorrente l’avvio di un procedimento volto all’adozione di un provvedimento di divieto di detenzione di armi, motivato sulla base delle stesse circostanze di cui sopra; anche il questo caso il ricorrente presentava una memoria procedimentale, sottolineando che in tanti anni di detenzione di armi lo stesso si era attenuto scrupolosamente alle prescrizioni imposte dalla legge. Nondimeno la Prefettura di Agrigento decretava il divieto di detenzione di armi e munizioni; ed allora il sangiovannese proponeva un ricorso gerarchico al Ministro dell’Interno, lamentando una grave forma di eccesso di potere per carenza di motivazione, difetto di istruttoria ed illogicità manifesta. Ma anche il Ministro dell’Interno rigettava il ricorso gerarchico presentato dal sangiovannese ; ed allora veniva proposto un nuovo ricorso giurisdizionale davanti al TAR Sicilia, sempre con il patrocinio degli Avvocati Rubino e Piazza, per l’annullamento del decreto ministeriale di rigetto del ricorso gerarchico. In entrambi i giudizi davanti al TAR Sicilia si costituivano il Ministero dell’Interno e la Prefettura di Agrigento, entrambi rappresentati e difesi dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Palermo, per chiedere il rigetto dei ricorsi, sottolineando l’ampia discrezionalità di cui gode l’Autorità nel rilascio delle autorizzazioni di polizia. Gli Avvocati Rubino e Piazza hanno citato precedenti giurisprudenziali del Consiglio di Stato secondo cui la semplice constatazione di una parentela con un pregiudicato non può da sola bastare a sorreggere un diniego opposto alla richiesta di rinnovo dell’autorizzazione al porto d’armi. Il Tar Sicilia, Palermo, Sezione Prima, Presidente il Dr. Calogero Ferlisi, Relatore il Dr. Giovanni Tulumello, condividendo le censure formulate dagli avvocati Rubino e Piazza, secondo cui la condotta asseritamente ostativa non era imputabile al ricorrente, ma al figlio, non convivente, e che pertanto i provvedimenti impugnati risultavano affetti da eccesso di potere per carenza di motivazione e difetto di istruttoria, previa riunione dei due ricorsi, li ha accolti entrambi, annullando tutti i provvedimenti impugnati. Pertanto, per effetto della sentenza resa dal Tar, il sangiovannese potrà riottenere la licenza di porto di fucile e le armi, mentre la Prefettura di Agrigento dovrà provvedere alla refusione dei contributi unificati, essendo risultata soccombente in giudizio.
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