Agrigento, crollo Palazzo Lo Jacono: 5 condanne e 4 assoluzioni

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A distanza di otto anni dal crollo di Palazzo Lo Jacono-Maraventano, nell’aprile 2011, si chiude il primo grado di giudizio del processo che vedeva sul banco degli imputati ben nove persone accusate, a vario titolo, di crollo e disastro colposo e falso. 
Il presidente della prima sezione penale Giuseppe Melisenda Giambertoni ( con a latere i giudici Gianfranca Claudia Infatino e Katia La Barbera) ha letto il dispositivo di sentenza poco dopo le 17: cinque condanne e quattro assoluzioni. 

La pena più alta è stata inflitta a Gaspare Triassi,  funzionario del Comune di Agrigento e direttore dei lavori di messa in sicurezza del Palazzo Lo Jacono, condannato ad 1 anno e 2 mesi di reclusione; condanne ad un anno di reclusione ciascuno anche per Giuseppe Analfino, Carmelo Analfino – responsabili della ditta “Edil.Co.A” – ed il geometra Andrea Patti e l’architetto Calogero Tulumello. Assolti per non aver commesso il fatto Attilio Sciara – responsabile della protezione civile – Giuseppe Principato – dirigente dell’Ufficio tecnico- il geometra Marcello Cappellino e Calogero Analfino, uno dei responsabili della ditta “Edil.Co.A”. Concesse le attenuanti generiche.

La Corte ha disposto anche il risarcimento del danno, da quantificare in sede civile, in favore (quasi tutte) delle parti civili oltre al pagamento di 3500 euro di spese processuali. 

Il pubblico ministero Alessandra Russo aveva chiesto la condanna di otto dei nove imputati affermando che ci furono responsabilità nel sottovalutare un rischio di imminente crollo. Cosa che avvenne fra il marzo e l’aprile 2011 quando i palazzi LoJacono e Schifano crollarono. Due giorni prima, nella stessa area, era in atto la processione del venerdì santo con centinaia di persone mentre, fortunatamente, quel giorno la strada risultò essere deserta. 

 

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One Thought to “Agrigento, crollo Palazzo Lo Jacono: 5 condanne e 4 assoluzioni”

  1. giovanbattista perasso

    Un’altra pagina nera della giustizia in italia, ai privati proprietari che hanno abbandonato l’edificio al suo destino poco più di una pacca sulle spalle, chi,invece con scarsissime risorse e obbligatoriamente è stato chiamato a mettere una pezza, viene condannato. Inoltre, Coloro che, secondo il “Codice dei Beni Culturali”, doveva intervenire per evitare che il bene storico andasse in malora e non lo ha fatto, non è neppure stato sfiorato dall’inchiesta.

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