Massimo Raso, da marzo 2012 dirige la Cgil di Agrigento. Da oggi passerà la mano ad Alfonso Buscemi. E’ tempo di bilanci. Abbiamo intervistato Massimo Raso.
Come sono stati questi 7 anni e mezzo?
“Sono stati anni difficili, durissimi, tutti svolti nel cuore della crisi iniziata nel 2008. Precarietà, riduzione dei diritti, svalorizzazione del lavoro, disuguaglianze, solitudine generano rancore, rabbia sociale ed hanno alimentato, oltre ogni limite, il populismo. Ho misurato tutto questo anche nei giorni scorsi, quando abbiamo sostenuto il diritto di Carola Rackete a trovare un porto dove sbarcare queste 42 persone: un fiume di veleno! Questo vale per l’intero Paese, ma anche per la nostra provincia laddove scontiamo un problema in più, ovvero che il tessuto produttivo era già assai debole prima della crisi. Meno lavoro c’è più esplodono le contraddizioni ed i problemi”.
C’è ancora “bisogno” di sindacato nel 2019?
“Certo! Fino a quando esisterà il lavoro subordinato ci sarà bisogno del sindacato, poiché è del tutto evidente che un lavoratore è sicuramente meno forte di una massa di lavoratori che chiedere più salario, più diritti e più tutele. Anzi, se vogliamo c’è maggior bisogno di sindacato adesso! Certamente adesso è sicuramente più difficile “fare sindacato” ed i Lavoratori hanno assai più preoccupazione e paura del passato. Decenni di politiche liberiste e di austerità messe in campo per affrontare la globalizzazione hanno prodotto “svalorizzazione” del lavoro, hanno spostato il baricentro delle scelte esclusivamente a favore dell’impresa, scardinando il diritto del lavoro. Non era mai avvenuto in modo così violento e repentino dal 1970.
Il Sindacato è nato in questa provincia quando la povertà era un problema ancora più grave ed i sindacalisti della CGIL venivano letteralmente assassinati (Miraglia, Scalia, Bongiorno, Spagnolo, Di Salvo…) sopravviveremo anche a questa crisi se sapremo comprendere che se è cambiato il lavoro e le sue forme dobbiamo cambiare pure Noi ed adeguare le nostre strutture ed i nostro modo d’essere ai tempi che cambiano”.
Si parlava di immigrazione e i dati, purtroppo, confermano che ancora i nostri giovani, in numero massiccio, emigrano all’estero. Prima vanno all’università fuori provincia e poi restano lontani. In altre parole, esportiamo le nostre risorse migliori e lasciamo il territorio agli anziani e agli stranieri. Si può fare qualcosa per invertire questa tendenza?
“Sì, purtroppo è così. Lo confermano anche i dati e , senza andare lontano, se guardo alla mia famiglia dei miei figli, 2 sono già a Pisa, il terzo si è già prenotato per andare anche Lui fuori. Scelgono di andare fuori non tanto e non solo per ragioni legate alla qualità degli Atenei (ci sono buone facoltà anche in Sicilia) ma per l’aggancio che le Università del Centro Nord hanno con il sistema produttivo. Poi, certo non aiuta aver lasciato incancrenire la situazione del nostro Consorzio universitario, ancora senza Presidente, anche se la situazione è in via di miglioramento.
Del resto se siamo una provincia che si segnala per una partecipazione (tasso di attività) che oscilla mediamente intorno al 51%, con circa 14 punti in meno rispetto al dato nazionale, e con una significativa differenza tra uomini e donne con circa 40 punti percentuali di differenza”.
E allora cosa si deve fare?
“Lo abbiamo detto in tante occasioni! Ci siamo sforzati di dire a tutti (Istituzioni, enti Locali, Aziende) “facciamo sistema!” … Occorre puntare con decisione sulle risorse che abbiamo, quelle che sono proprio nostre e non possono essere DELOCALIZZATE: Terme, Kainite, Turismo, Storia, Università, Infrastrutture, Agricoltura e Pesca di qualità, Enogastronomia, Cultura, Mare, Artigianato artistico restano solo titoli di uno sviluppo possibile e Agrigento (e la sua provincia) continuano a confermarsi come la terra delle “occasioni perdute”, ricca di potenzialità e povera di concrete ipotesi di sviluppo, condannata agli ultimi posti delle classifiche da questa sua incapacità di ribellarsi, di costringere una “classe politica” inetta a trasformare queste potenzialità in ricchezza e sviluppo!
Potrei fare tanti esempi, l’ultimo si chiama ZES, Zone Economiche Speciali, se ne parla in tutta la Sicilia tranne ad Agrigento!”
Ma è tutto da buttare?
“No, certo che no! Non ci sfuggono i tanti piccoli e grandi fatti positivi,le enormi potenzialità del territorio che sono lì a confermare come sarebbe possibile costruire una provincia diversa a patto che si dia nuove ambizioni e nuovi progetti.
Penso alle nuove scoperte archeologiche nella Valle dei Templi, una Valle che vince il premio paesaggio e che torna ad essere più attrattiva (raggiunge il primato di circa 1 milioni di visitatori l’anno!), penso ad un gioiello come la “Cultural Farm” o alla “Kolymbetra”… E questo la dice lunghissima.
Penso alla candidatura di Agrigento a “capitale della cultura 2020”, siamo arrivati tra i primi 10, dovremmo riprovarci. In ogni caso nel 2020 per il 2600 anni di Akragas dovremmo riuscire a preparare la Città.
Ma questo comporta una serie coerente di scelte (dalla cura del centro storico, alle infrastrutture, dalla pulizia delle città alla cura del suo litorale, dai servizi alle politiche dei trasporti) che, purtroppo facciamo fatica a ritrovare nelle scelte dei Governi ai vari livelli”.
Quale è, a tuo giudizio, il più grande limite culturale di questa provincia?
“Che ognuno lavora per sé stesso, senza coordinarsi con gli altri, senza “fare sistema”
Qui ogni Sindaco ed ogni Comunità pensa a sé. Tranne piccole “isole felici” (penso ai Comuni della SNAI la Strategia delle Aree Interne o a quei Comuni che hanno conosciuto collaborazioni di GAL o di altri strumenti di programmazione negoziata): non si è riusciti nemmeno ad unire Cammarata a S.Giovanni!
Invece, occorrebbe ragionare per “aree vaste” favorendo le aggregazioni di Comuni e spingerli a ragionare insieme su come aggredire queste criticità e su come programmare politiche di sviluppo e di intervento e ciò anche per superare in positivo una delle criticità che abbiamo denunciato ovvero quello del depauperamento delle risorse umane qualificate. Pensiamo agli Uffici Tecnici e, per altro verso, al personale che si deve occupare delle Politiche Sociali: in provincia di Agrigento abbiamo tanti comuni piccoli e con piante organiche sempre più sguarnite che, spesso, non sono proprio in grado di cogliere le opportunità che si presentano!
Vi è una pretesa di autosufficienza della politica che non giova, che ha finito per non portare a casa nessun risultato.
Serve ricostruire questo rapporto, selezionare insieme obiettivi, serve condivisione . Al nostro Congresso abbiamo detto e ribadiamo : Comuni, l’ex Provincia, Associazioni dei Costruttori, Ordini Professionali insieme al Sindacato possiamo trovare una sintesi per definire una comune azione (anche insieme ai Parlamentari del Territorio) oppure dobbiamo continuare in questa inconcludente e, spesso, inesistente recita a soggetto giusto per strappare un titolo ed una foto che sono buone solo ad alimentare la nostra vanità di personale e/o di organizzazione ?
E’ troppo auspicare una specie di “lobby del territorio” che si occupi di definire una linea d’azione comune nei confronti dello Stato, della Regione, dell’Anas, delle Ferrovie ecc. in grado di centrare obiettivi di sviluppo condivisi?
La “questione “infrastrutturale” è emblematica! Dobbiamo capire, per fare un esempio, se sull’insieme della “questione viabilità e trasporti” si debba solo fronteggiare l’emergenza (SS.189, i tanti viadotti a traffico alternato o chiusi…) o se, invece, occorre fare una riflessione approfondita per capire come pensare alla mobilità del futuro e a come “collegare Agrigento al Mondo” (per riprendere uno sloogan di una iniziativa unitaria del sindacato su queste questioni che dovremmo ripetere) . Questo, lo ribadisco, chiama in causa ANAS, Ferrovie, Libero Consorzio, Comuni ad una riflessione ed al cimentarsi con una serie di questioni di cui da decenni si indicano solo i titoli senza mai approdare a niente di concreto. Dobbiamo aver il coraggio di “pensare in grande” riprendendo una serie di battaglie per questioni, per noi mai chiuse, come quella di chiudere l’anello autostradale tra Gela e Castelvetrano o di collegare l’interno della provincia e la sua costa con la realizzazione della famosa quanto fantomatica “mare/monti”. Potrei fare mille altri esempi! Pensi alle Terme o alla ricchezza del sottosuolo…
Dimmi che Cgil lasci a chi viene dopo? Hai rimpianti?
“Lascio una CGIL ancora in piedi, forte dei suoi 32.000 iscritti, con un gruppo dirigente in parte rinnovato che mi auguro sia in grado che sia animato da questa voglia di battaglia, la stessa che abbiamo portato a reggiocalabria lo scorso 22 Giugno.
Un gruppo dirigente animato dalla speranza e dalla certezza che davvero è possibile cambiare il segno di questa provincia: abbiamo davvero tante risorse materiali ed umane straordinarie. Certo, spesso prevale lo sconforto e la disperazione, la sensazione di svuotare il mare con lo scolapasta! A me fa rabbia questa incapacità di unire le forze, di fare massa critica. Mi piacerebbe che anche la stampa si sentisse parte in causa di questa “lobby territoriale” ed incoraggiasse questi tentativi.
Abbiamo lanciato un ulteriore appello a tutti per realizzare una “piattaforma Agrigento” e su quella organizzare una battaglia col Governo regionale e nazionale.
Noi ci crediamo. Non possiamo rassegnarci all’idea che dobbiamo dire ai nostri figli e ai nostri nipoti che qui tutto è perduto, non è così, non può essere così. La CGIL come nel passato c’è e, fino in fondo, vuole fare la propria parte!
Rimpianti? Tanti. Per le cose “lasciate a metà”… soprattutto una, il lavoro iniziato per “ricostruire le camere del lavoro” . Abbiamo iniziato a Canicattì, Licata, Sciacca ma dobbiamo continuare in altri “medi centri”. Avevamo già concordato la presenza di Maurizio Landini a Settembre per una iniziativa da tenersi a Sciacca. Mi dispiacerà non poterlo accogliere da Segretario Generale ma sarò ugualmente che il nuovo Segretario, cui faccio i miei migliori auguri, possa ripartire da questo importante contributo”.