Borsellino, le bobine del depistaggio? (video)

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La Procura di Messina ha trasmesso ai colleghi di Caltanissetta la trascrizione delle registrazioni di Scarantino scoperte dopo oltre venti anni. A breve il deposito agli atti.


A Roma, al Racis, il Raggruppamento Carabinieri investigazioni scientifiche, sono state ascoltate 19 bobine con registrazioni risalenti alla metà degli anni ’90, che la Procura della Repubblica di Messina ritiene attinenti al depistaggio delle indagini dopo la strage di via D’Amelio. Poiché l’ascolto, e quindi l’utilizzo delle bobine, avrebbe potuto pregiudicarne in futuro l’ulteriore utilizzo, l’ascolto è stato tecnicamente un “atto irripetibile”. Ecco perché sono state invitate a partecipare tutte le parti in causa, attualmente sotto processo a Caltanissetta, ed anche i nuovi indagati, i magistrati che all’epoca hanno coordinato l’inchiesta, Annamaria Palma e Carmelo Petralia, a carico dei quali la Procura di Messina ipotizza il reato di concorso in calunnia aggravato dall’avere favorito la mafia e dalle condanne superiori ai 20 anni di carcere che la presunta calunnia ha provocato. Quale è il contenuto delle bobine che sono state scoperte dalla Procura di Caltanissetta dopo oltre due decenni, e poi trasferite a Messina?

Le cassette riguardano l’ex pentito Vincenzo Scarantino, che ha più volte ritrattato le sue dichiarazioni nell’ambito dei processi sulla strage contro Paolo Borsellino. Il procuratore di Messina, Maurizio De Lucia, ha inteso accertare se nelle 19 cassette con le intercettazioni di Scarantino vi siano tracce utili alle indagini sul depistaggio.

Inizialmente Vincenzo Scarantino ha raccontato che i “suggeritori” delle sue menzogne sarebbero stati i poliziotti e i magistrati titolari delle indagini. Poi ha corretto il tiro. Nel maggio scorso, quando è stato ascoltato al processo in corso a Caltanissetta, Scarantino ha dichiarato: “Il dottor Nino Di Matteo non mi ha mai suggerito niente. Il dottor Carmelo Petralia neppure. Mi hanno convinto i poliziotti a parlare della strage. Io ho sbagliato una cosa sola: ho fatto vincere i poliziotti, ho fatto peccare la mia lingua e non ho messo la museruola…”.

Un colpo di scena. In passato, invece, Vincenzo Scarantino ha puntato il dito contro i magistrati in servizio a Caltanissetta che indagarono sulla strage di via D’Amelio. E le sue parole sono state: “Ho accusato dei mafiosi perché ‘sollecitato’ dai pubblici ministeri Antonino Di Matteo, Annamaria Palma e Carmelo Petralia ma anche Giovanni Tinebra”. Poi, ancora nel maggio scorso, ha spiegato il presunto equivoco in cui lui, Scarantino, sarebbe precipitato. E le sue parole sono state: “I poliziotti mi hanno fatto credere che i magistrati sapevano ogni cosa. Io mi trovavo nel deserto dei tartari. La Polizia mi aveva convinto che i poliziotti del gruppo ‘Falcone e Borsellino’ di La Barbera e i magistrati fossero la stessa cosa. Ecco perché sono arrivato ad accusare i magistrati. Io ero un ragazzo rovinato dalla giustizia, non ero un collaboratore di giustizia. Se io ho coinvolto i magistrati è perché i poliziotti mi hanno fatto credere che fossero una cosa unica”.

Ebbene, adesso, terminato l’ascolto e trascritto il contenuto, la Procura di Messina ha trasmesso le trascrizioni (6 cartelle) ai colleghi di Caltanissetta che a breve le depositeranno agli atti del processo a carico dei tre poliziotti, Mario Bo, Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo, imputati di calunnia aggravata. In occasione di una udienza dello stesso processo, un testimone, un poliziotto, Giampiero Valenti, ha dichiarato di avere ricevuto l’ordine di bloccare le intercettazioni di Scarantino. E ha spiegato: “Mi ordinarono di interrompere la registrazione di Scarantino perché il collaboratore doveva parlare con i magistrati”.

Angelo Ruoppolo (Teleacras)

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