I Borsellino sull’agenda rossa (video)

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Venerdì attesi i magistrati Palma e Petralia a Caltanissetta al processo “depistaggio”. Il mistero dell’agenda rossa secondo il racconto dei figli di Paolo Borsellino.

I figli di Paolo Borsellino a messa

Venerdì prossimo, 13 dicembre, a Caltanissetta, al palazzo di giustizia, al processo sul depistaggio delle indagini dopo la strage di via D’Amelio, sono attese due deposizioni eccellenti. Risponderanno all’appello del giudice i magistrati Anna Maria Palma e Carmelo Petralia, all’epoca nel pool che ha gestito il falso pentito Vincenzo Scarantino e adesso indagati dalla Procura di Messina per calunnia aggravata.

Da quanto accade attualmente in termini processuali emerge nettamente che il percorso verso la verità attraversa la ricerca dei mandanti esterni alla strage Borsellino, che, probabilmente, saranno gli stessi che avrebbero trafugato l’agenda rossa. Paolo Borsellino è stato in possesso di tre agende, di colore diverso, una marrone, una grigia e una rossa. Nella marrone ha annotato tutti i numeri di telefono e gli indirizzi. Nella grigia le questioni di carattere legale, le udienze, i processi, le scadenze. La terza, la rossa, è redatta solo pochi mesi prima della morte, tra appunti e note, soprattutto dopo la strage di Capaci.

Il figlio di Paolo Borsellino, Manfredi Borsellino, ispettore di Polizia, così ricorda l’agenda rossa del padre: “Scriveva costantemente. Un’agenda a mio modo di vedere dedicata al suo lavoro, per inserire atti processuali, spunti investigativi, tutto quello che riguardava le indagini. Non era un diario, ma qualcosa di più. Era anche un modo per proteggerci senza renderci depositari di segreti scomodi. Chiunque ha avuto in mano quell’agenda sicuramente non ha avuto bisogno di giorni per intuirne il contenuto e, visto l’uso esclusivo, ritengo che, in uno scenario di guerra come quello di via D’Amelio, siano bastati tempi rapidissimi per capire la portata del contenuto, anche aprendo una sola pagina. Se l’avessimo avuta probabilmente non sarebbe accaduto nulla di quello che è avvenuto poi, anche con innocenti che hanno pagato con l’ergastolo per qualcosa che non avevano fatto”.

I figli di Paolo Borsellino hanno ritrovato l’agenda marrone, ovvero numeri di telefono, indirizzi e appuntamenti e l’hanno consegnata ai magistrati. E ancora Manfredi Borsellino racconta invece il ritrovamento dell’agenda marrone, con gli appunti di carattere legale e giudiziario. E ricorda: “Quando ci fu riconsegnata la borsa di mio padre c’erano alcune parti annerite e al suo interno c’erano diversi oggetti tra cui l’agenda marrone. Presentava alcune parti annerite, un po’ sporche, ma le condizioni erano quasi perfette. Per questo credo che l’altra agenda, quella rossa, che era sicuramente dentro la borsa, si sarebbe dovuta preservare”. Ebbene, subito dopo l’esplosione in via D’Amelio, il primo a imbattersi nella borsa di Paolo Borsellino sarebbe stato il magistrato e collega Giuseppe Ayala, che poi avrebbe consegnato la borsa, con dentro le agende, al colonnello dei Carabinieri, Giovanni Arcangioli, già indagato, processato e poi prosciolto. Dopodiché la borsa, senza l’agenda rossa dentro, è stata riposta nell’automobile. Poi la borsa fu consegnata da Arnaldo La Barbera alla famiglia di Paolo Borsellino. E il figlio Manfredi ricorda: “Quando l’allora capo della Squadra Mobile, Arnaldo La Barbera, ci ridiede la borsa e vedemmo che l’agenda non c’era e chiedemmo conto della cosa, si irritò molto. Sembrava che gli interessasse solo sbrigarsi e che gli stessimo facendo perdere tempo. Praticamente disse a mia sorella Lucia che l’agenda non era mai esistita e che farneticava. Usò dei modi a dir poco discutibili e anche quell’atto era irrituale. La Barbera ci disse solo di prendere per buono quello che ci stavano dando perchè era tutto quello che c’era dentro la borsa”.

E Lucia Borsellino aggiunge: “Io mi lamentai della scomparsa dell’agenda e chiesi che fine avesse fatto. La Barbera escluse che ci fosse stata e mi disse che deliravo. Quando gli manifestai il mio fastidio, mi disse che avevo bisogno di aiuto psicologico. Io me ne andai anche sbattendo la porta”.

Angelo Ruoppolo (Teleacras)

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