Al Presidente della Repubblica Italiana
On. Sergio Mattarella
Palazzo del Quirinale
ROMA
Carissimo Presidente, mi chiamo Serena Di Malta, sono una Sua conterranea. Sono di Lampedusa, ho 19 anni e oggi sosterrò gli esami per conseguire il diploma di maturità Classica nella Sua Palermo.
Sono ormai cinque anni che, per poter seguire gli studi, ho scombussolato la vita della mia famiglia prendendo la decisione di trasferirmi a Palermo insieme a mia madre e mio fratello. Penso che possa comprendere cosa vuol dire per una famiglia di Lampedusa trasferirsi a Palermo, ma mia madre sostiene che il miglior investimento è quello sulla cultura. Con profondo senso di responsabilità e nel rispetto dei miei genitori, studio, studio e voglio continuare a studiare. Il mio sogno è quello di iscrivermi all’Università in una Facoltà specifica quale è Medicina, un sogno che mi porto da bambina ed oggi più che mai ne sono ancora più convinta.
Carissimo Presidente, non voglio assolutamente sollevare lamentele, ma Le scrivo dopo una riflessione che ho fatto sulla mia isola e sui miei concittadini dopo aver sofferto i mesi dell’allontanamento sociale e dopo aver visto in TV alcune trasmissioni che raccontavano la condizione di altre isole del nostro splendido Paese. Quello che ha colpito me, ed anche tante persone di Lampedusa, è che per raccontare come si sta affrontando in altre isole questa fase di “nuovo inizio”, si sia ricorso e mete di fama internazionale. Ma quasi nessuno si è interessato a cosa sta succedendo in queste settimane, in questi giorni ad una popolazione come quella di Lampedusa che allo stesso modo vive di turismo, anzi solo di quello, per pochi mesi all’anno, e di pesca.
È stata raccontata la situazione di isole che hanno la terraferma che si tocca con lo sguardo, un regolare servizio di collegamenti che in poco tempo ti porta in terraferma e che stanno già facendo tornare i turisti negli alberghi. Isole nelle quali ci sono servizi di ogni tipo, in alcune c’è anche l’ospedale, e possono beneficiare in alcuni casi dell’aiuto di imprenditori o personaggi facoltosi che in questo periodo di emergenza, come abbiamo letto sui giornali, non hanno fatto mancare il loro contributo.
A Lampedusa abbiamo solo il mare intorno e se allunghiamo lo sguardo, oltre il mare c’è altro mare. E se alziamo lo sguardo al cielo, forse vediamo un aereo che atterra. Perché di aerei ne arrivano pochissimi ed i collegamenti marittimi lasciano molto a desiderare.
A Lampedusa non c’è un ospedale, gli alberghi sono ancora chiusi e al momento non si vede ancora speranza che possano riaprire perché non ci sono prenotazioni. E chi vuole venire non può perché non ci sono posti sui voli, e quando ci sono al momento hanno tariffe impossibili.
Così, mentre in altre isole si programma il futuro, a Lampedusa (l’isola che c’è, ma non si vede) si studia la sopravvivenza. E dire che nonostante le difficoltà dell’emergenza Coronavirus, abbiamo continuato a soccorrere ed accogliere i migranti così come abbiamo sempre fatto, perché non ci siamo mai girati dall’altra parte di fronte al dramma umanitario. Ma non vogliamo pensare che Lampedusa possa fare notizia solo se ci sarà una prossima disgrazia.
Presidente Mattarella, chiedo a Lei, il Primo degli Italiani nonché Siciliano come lo siamo orgogliosamente noi, di aiutarci a rompere il muro che troppo spesso sembra dividerci dal resto del Paese. Vogliamo continuare a sentirci orgogliosamente Italiani e mi permetto, a nome di tanti giovani come me, di invitarLa a Lampedusa perché con la Sua presenza possa dare alla nostra Isola un segno di speranza, e per mostrarLe che la nostra isola necessita di attenzione al di là dei problemi di immigrazione che sono all’ordine del giorno.
Sono fiduciosa, e spero con tutto il cuore che non ci farà mancare la Sua attenzione.
Con deferenza,
Serena Di Malta (studentessa Italiana, di Lampedusa)
Bellissima lettera, ma sicuramente senza risposta