Stime attendibili, elaborate su dati regionali, portano ad oltre 10mila gli studenti contagiati dal virus, con almeno 160mila studenti finiti finora in quarantena a livello nazionale. A ciò si devono sommare le numerose assenze “cautelative” di intere classi per casi indiretti, cioè contagi di genitori, fratelli e sorelle di studenti: le attese sempre più estese per i risultati dei tamponi hanno pesanti riflessi sulla didattica.
Altro nodo è la mancanza di docenti. A quelle croniche, si sommano le assenze per quarantena: è sufficiente uno studente contagiato per mettere in quarantena sette professori. I quali, per legge, non possono nemmeno insegnare in distanza perché ritenuti in malattia.
Altre chiusure forzate delle scuole avvengono per le sanificazioni.
È insomma un quadro molto serio quello che presenta la scuola ad appena un mese dalle riaperture. L’impennata nazionale dei contagi ovviamente avrà riflessi sempre più rilevanti anche nelle aule scolastiche, rendendo ancora più critica la situazione. Molti genitori, anche quelli inizialmente scettici, richiedono la didattica a distanza, anche per prevenire i contagi intrafamiliari, prima modalità di diffusione del virus. In particolare si teme che i nipoti possano infettare i nonni o le persone fragili.
Finora la chiusura delle scuole è stata disposta solo in Campania, mentre in Umbria la didattica a distanza giornaliera è prevista per il 50% degli studenti delle scuole superiori fino al 14 novembre.
Molti comuni particolarmente colpiti dai contagi hanno chiuso le scuole. È il caso, tra gli altri, di Colonnella e Crognaleto in Abruzzo, Guarcino nel Lazio, Toro in Molise, Biccari e Gravina in Puglia, Rivello e Sant’Arcangelo in Basilicata, Chiaravalle Centrale in Calabria, Randazzo e Sambuca in Sicilia e Villamar in Sardegna.
Tra i casi più clamorosi in quarantena, i circa cinquecento studenti al liceo scientifico “Volta” di Milano, i 760 alunni in un liceo di Bolzano, le oltre 150 classi in provincia di Latina, i 59 docenti all’Istituto “Giordano” di Venafro (Isernia).
“Si sarebbero dovuti concentrare gli investimenti sulle nuove tecnologie e sulla formazione informatica dei docenti, prevedendo l’importanza della Dad per quest’anno scolastico, anziché destinare centinaia di milioni di euro ai banchetti – sottolinea Domenico Mamone, presidente dell’Unsic. “La didattica a distanza ovviamente è cosa diversa dalla scuola in presenza, ma siamo immersi in un’emergenza che richiede soluzioni pragmatiche e non ideologiche, almeno per le scuole superiori”.
Questi i dati nazionali dell’Unsic. Adesso ci chiediamo: Occorre per forza aspettare la catastrofe per chiudere le scuole?
E poi nessuno dica…non lo sapevo.