“Dopotutto domani è un altro giorno” è la celeberrima frase del grandioso film “Via col vento” di Victor Fleming (1939).
Il film fu ricavato dall’omonimo romanzo di Margaret Mitchell del ’36.
E’ la frase iconica della caparbia volontà – oltre i normali limiti umani – di ricominciare, di ritrovare i propri sentimenti individuali e comunitari. I propri amori. I propri affetti. I propri sogni.
Da condividere: senza dubbi e incertezze.
Lottare. Lottare. Lottare. Per sconfiggere un nemico devastante: della salute, della vita sociale, dei rapporti con i nostri figli, i nostri genitori e i nostri nonni.
Un vero e proprio cataclisma, nel deserto delle strade cittadine, dei giardini abbandonati, delle scuole chiuse, dei teatri e delle sale cinematografiche muti, delle orchestre senza suoni, degli stadi senza voci.
E così allibiti restiamo soli, in difesa passiva: rinchiusi e silenziosi.
Eppure la rabbia è dentro di noi.
Ci affidamo, con dubbi e incertezze, a chi decide strategie e tattiche di interventi. Confusi e sconcertati..
E con testardaggine (“domani è un altro giorno”, appunto) apriamo una nostra personale guerra con strumenti di inimmaginate difese: il distanziamento da amici e interlocutori, la mascherina sempre e comunque, la continua, ossessiva sanificazione, l’isolamento nei nostri quartieri e nelle nostre città, la solitudine in auto, il sospetto in pullman e in treno.
Tentare –aridamente e testardamente – una vita sociale con gli strumenti della moderna tecnologia: watzapp, tablet, social.
“Mi ci romperò la testa”. Ritorna imperiosa la citazione sciasciana del Capitano Bellodi de “Il giorno della civetta” (1961), nella sua caparbia volontà di capire e correggere la società malata e infettata, (in quel caso dal morbo della mafia rurale e dei colletti bianchi).
E la frase ritorna “efficace”, ”insostituibile” contro il contemporaneo morbo virale che abbatte e disorienta.
E ci sentiamo parte di un esercito in assetto di guerra o di controguerriglia: sappiamo che il nemico è vicino, nell’aria, nei contatti. Invisibile!
E prepariamo la nostra personale difesa. Preoccupata negli anziani, sfumata nei giovani.
E’ la nostra lotta.
E così ,noi di avanzata età, -irretiti- proviamo a ribaltare sulle nuove giovanili generazioni, insofferenti e abuliche, intolleranti e indisciplinate, senza ideologie e religioni, la bandiera cheguevariana della nostra giovinezza sessantottina:
“chi lotta può non perdere/ chi non lotta ha perso già”.
Parole stringenti, specifiche, irrinunciabili.
C’è una guerra in corso.
Tutti alle armi, le nostre armi:
mascherine, distanziamenti, sanificazioni: ”fuoco a volontà”.
Mario Gaziano