“Il terremoto registrato dalla rete sismica dell’Ingv alle 21 e 27 di ieri, 22 dicembre 2020, ha fatto sussultare mezza Sicilia, spingendo molti a passare la notte in macchina. L’epicentro, il tratto di crosta terrestre posto sopra il punto in cui ha avuto origine il movimento sotterraneo, è stato localizzato tra le provincie di Ragusa e Caltanissetta, al largo della costa. Le località più vicine sono, in ordine, Vittoria, Acate, Santa Croce Camerina e Gela. L’ipocentro, la zona in cui è “nato” il terremoto, si trova ad una profondità di circa 30 chilometri sotto la crosta terrestre.
La scossa è stata avvertita anche a Favara, ad Agrigento (tanto in centro quanto nei quartieri periferici), a Canicattì, Ravanusa, Campobello di Licata, Porto Empedocle, Sciacca e a Licata. Ad avvertirla, a quanto pare, non sono però stati tutti i cittadini. Ma molti l’hanno percepita e qualcuno s’è anche allarmato, scendendo – al Villaggio Mosè e a Licata – in strada.
L’Etna non ha influenzato il terremoto
“Questo ha fatto in modo – spiega il vulcanologo dell’Ingv Boris Bhenke – che la scossa sia stata avvertita in un territorio piuttosto vasto. Non c’è alcun collegamento fra questo terremoto e l’attività dell’Etna. È stato un terremoto ibleo molto tipico, di modesta magnitudo: 4.6 non è da ritenersi intensità particolarmente preoccupante. Però le rocce calcaree trasmettono bene le onde sismiche”.
Lo scenario attuale
Un episodio analogo si verificò anni fa, l’8 febbraio del 2016, con un terremoto di magnitudo 4.6 che destò allarme tra la popolazione, senza però avere conseguenze. “Anche in quel caso – continua Bhenke – non ci furono scosse successive di assestamento. Non si può mai escludere con assoluta certezza che possano verificarsi altri episodi di assestamento, ma è ragionevole pensare che si sia trattato di un fatto isolato. Se si fosse verificato un terremoto così forte da poter provocare il movimento di una faglia vicina, anche lei carica di energia e pronta a rompersi, ci sarebbero stati i presupposti per pensare ad altri eventi a breve termine. Ma il quadro attuale è decisamente diverso”. Diverso soprattutto da quello del 26 dicembre 2018 che riguardò la provincia etnea con conseguenze ben più gravi per la popolazione etnea, in particolare per le frazioni di Fleri, Piano D’Api e Santa Venerina. In quel caso, il nostro vulcano era pienamente chiamato in causa.