“Ndrangheta stragista”, le motivazioni

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Depositate le motivazioni della condanna all’ergastolo del boss palermitano Giuseppe Graviano per i due Carabinieri uccisi in Calabria nel ’94. I dettagli.

In Calabria, innanzi alla Corte d’Assise di Reggio Calabria, al processo cosiddetto ‘Ndrangheta stragista’, il boss palermitano di Brancaccio, Giuseppe Graviano, ed il capomafia della ‘Ndrangheta, Rocco Santo Filippone, uomo di fiducia dei Piromalli, sono stati condannati all’ergastolo, imputati dell’omicidio di due Carabinieri, Antonino Fava e Vincenzo Garofalo, assassinati da un commando della ‘Ndrangheta il 18 gennaio del 1994 sulla corsia sud dell’autostrada Salerno-Reggio Calabria, nei pressi dello svincolo di Scilla, dove furono impegnati in un’operazione di controllo del territorio. Ebbene, adesso sono state le motivazioni della sentenza. E tra l’altro i giudici della Corte d’Assise scrivono: “Nel 1994, l’attentato ai Carabinieri in Calabria e la tentata strage allo stadio Olimpico a Roma sarebbero avvenuti in un momento in cui le organizzazioni erano alla ricerca di nuovi e più affidabili referenti politici, disposti a scendere a patti con la mafia, che furono individuati nel neopartito Forza Italia di Silvio Berlusconi in cui erano confluiti i movimenti separatisti nati in quegli anni come risposta alle spinte autonomistiche in Sicilia e Calabria”. Ancora tra le motivazioni, i magistrati affrontano anche il presunto caso dell’incontro che, secondo il collaboratore di giustizia Gaspare Spatuzza, sarebbe avvenuto nel gennaio 1994 tra Graviano e Marcello Dell’Utri in via Veneto a Roma. In sintesi le parole di Spatuzza: “I due avrebbero discusso del nuovo partito politico che stava per nascere, Forza Italia”. Altrettanto ebbene, a tal proposito i giudici della Corte d’Assise calabra scrivono: “Può ragionevolmente ritenersi che il Graviano il 21 gennaio 1994, prima di incontrare lo Spatuzza per discutere degli ultimi dettagli riguardanti l’attentato, poi fallito, allo stadio Olimpico, avesse avuto modo di colloquiare con il Dell’Utri che nello stesso giorno si trovava a Roma poco distante dal bar Doney”. Nel corso del dibattimento, a domanda dei giudici giudicanti, Giuseppe Graviano ha risposto: “Marcello Dell’Utri? Non lo conosco. E poi se continuate con queste domande, a cui ho già risposto al pubblico ministero, va a finire che mi stanco. Non ho mai avuto a che fare con le stragi e non so di contatti con la ‘Ndrangheta.”. E poi, ancora, a domanda del difensore delle parti civili, l’avvocato Antonio Ingroia: “Vuole dirci se Silvio Berlusconi fu il mandante delle stragi?”, Graviano ha risposto: “Per il momento non lo ricordo”.

Angelo Ruoppolo (Teleacras)

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