Sabato scorso si è svolto in streaming un mirato Convegno-concerto Premio dedicato alla grande statura del compositore agrigentino Michele Lizzi, arrivato a migliaia di visualizzazioni, anche per l’intelligente idea di coinvolgere tante scuole agrigentine e siciliane( Il link della registrazione dell’evento è https://youtu.be/gM2rL9jDQq0 ) .
Lo studioso Rino Caputo, Università Tor Vergata, non poteva non fare aprire i lavori al sindaco di Agrigento, Francesco Miccichè mettendo in rilievo quanto segue: “Da agrigentino sono fiero del connubio Pirandello-Lizzi e per me è stato un invito a nozze”. Come non notare l’incipit davvero pirandelliano?
Poi ha aggiunto: “Lizzi è stato un grande maestro ed è riuscito a traslare gli archetipi mentali dei paradossi pirandelliani in musica. Capisco bene come Rita abbia saputo sposare questa tematica.”
Da taluni è stata messa in evidenza la portata europea del compositore de “La Sagra del Signore della Nave”. Da segnalare le relazioni di Stefano Milioto , presidente dl Cnsp e la testimonianza dello scrittore Zino Pecoraro e di Gaspare Agnello.
Poi l’Assessore ai Beni culturali della Regione Sicilia ha pure portato al Convegno i saluti del Governo Draghi , Alberto Samonà ha evidenziato come la cultura possa essere per la Sicilia una risorsa territoriale funzionale all’economia .
Lo aveva capito decenni fa Pirandello che ambiva ad un teatro di Stato.
Samonà ha contribuito a portare alla ribalta un grande compositore; e noi conosciamo, visto che Samonà l’ha citato, anche il valore di Piccolo, della sua poesia assai dotta, esplicata anche dai saggi di Natale Tedesco. Di grande spessore culturale la relazione del musicologo Agostino Ziino che ha parlato dei temi musicali popolari che Mulè in Liolà trascriveva nel rispetto del testo e contesto etnico; Lizzi, invece, elaborava le musiche popolari con variazioni musicali in cui esprimeva la sua levatura formale.
La pedagogista Rita Monella ha fatto cenno al Giovane Pedagogo, personaggio chiave della Sagra di Lizzi: l’Agorà a cui io faccio riferimento rivela che musica e libretto della Sagra sono anche’essi mito, ossia espressione dialettica che rivela lo stato psicologico del pensiero: sia del nostro (antropologicamente parlando) sia di quello di Lizzi.
Tutti i temi musicali della Sagra analizzati dall’autrice del volume sono stati spiegati ed eseguiti al pianoforte frutto di una sentita ricerca, per esprimersi con quanta più coerenza possibile rispetto al testo e, considerate le difficoltà esecutive presenti nella tessitura vocale di Lizzi, vanno apprezzate anche le performance del soprano Fiammetta Bellanca che nel registro medio sfodera una notevole corposità e un bel timbro; mentre di Salvatore Nocera Bracco, medicartista, si è apprezzato la destrezza del percussionista che ben dialogava con le diverse sfumature timbriche del pianoforte.
Infine è stato consegnato il premio Lizzi prima edizione al Maestro Nereo Dani , grande musicista e didatta docente del Conservatorio di Palermo.
Ed ecco adesso l’intervista a Rita Capodicasa.
Cosa l’ha portato a scrivere un libro su Pirandello e Michele Lizzi e perché?
“Essendo docente di lettere ed anche pianista, ho continuato a cercare i legami tra letteratura e musica che, già dalla mia prima pubblicazione Gli Amici della Musica ad Agrigento, avevano segnato il mio percorso alla ricerca di una fusione fra i due linguaggi alla luce di un servizio alla mia città. La mia passione per Pirandello si coniuga qui perfettamente con quella per la musica attraverso il confronto tra i libretti di due opere dal titolo La Sagra del Signore della Nave, una di Pirandello solo teatrale, Atto unico, e l’altra di Lizzi musicale, entrambe generate da due figli della nostra terra profondamente impregnati di quella sicilianità che io definisco akragantina. Per citare le parole del musicologo Riccardo Viagrande che ha recensito il volume, “Legata ai due artisti dalla comune nascita agrigentina, negli anni l’Autrice si è dedicata alla riscoperta di Lizzi interpretandone alcune composizioni pianistiche; con rigore scientifico e con la doppia competenza, musicale e letteraria, la studiosa, dopo un breve excursus sulle incursioni musicali di Pirandello, pone a confronto il testo narrativo con quello teatrale per sottolineare ciò che della novella è passato nell’atto unico e le differenze tra di loro intercorrenti”.
Chi era Michele Lizzi e perché fa un’opera su testo di Pirandello?
“Cito ancora Zino Pecoraro nella sua recensione su La Sicilia ” Il libro di Rita Capodicasa, che gode della prefazione del prof. Rino Caputo, studioso di Pirandello e fondatore della rivista Pirandelliana, vuole essere anche un modo per rimettere in auge e fare conoscere l’attività creativa del Maestro Michele Lizzi, nato ad Agrigento (1915-1972), città alla quale fu molto legato e che poco ha fatto per ricordarlo.” Compositore di opere legate al mito greco come Pantea e L’Amore di Galatea fu apprezzato dalla critica e dal pubblico dei teatri che rappresentavano le sue opere, siciliani e non, collaborarono alle sue opere illustri personaggi come Guttuso e Quasimodo e fu allievo di illustri compositori del ‘900 come Pizzetti e Pilati, le sue musiche di non facile esecuzione sono state forse per questo messe di lato dagli stessi agrigentini ma la sua musica è potente e suggestiva.
Lizzi dice che si è avvicinato alla Sagra perché aveva compreso e sentito “propri in certo modo quei valori di atavica provenienza, che si rinnovano sempre attraverso le feste popolari con cui il passato si proietta, in un continuo ritorno, verso il futuro” (p. 35). Si parla della festa che si faceva a Girgenti e a cui Pirandello aveva assistito senz’altro, a quella Festa del Signore della Nave che ogni anno si svolgeva, la prima domenica di settembre, tra la processione del Crocifisso, U Signuruzzu d’a navi, e la scanna dei porci, in un alternarsi tra Sacro e Profano, contrasto dialettico e paradossale che costituisce il fulcro dell’interesse di Pirandello ma anche di Lizzi che riconosce l’epicurea spensieratezza tipica degli agrigentini ma ne svela gli inganni e le ipocrisie tra ubriacature, abbuffate, orge e, subito dopo, pentimento e devozione.
Nel libro si legge “L’azione si svolge sullo spiazzo antistante la chiesetta di campagna che sorge nella valle dei Templi, in Agrigento. Tale localizzazione geografica iniziale sottolinea la volontà di Lizzi di evidenziare i legami autoctoni con la sua Girgenti e i ricordi di una festa vissuta da lui ogni anno i primi del mese di settembre. Nella chiesa di San Nicola, tuttora immersa nel cuore della Valle dei Templi di Agrigento, è ancora custodito il crocifisso del Signore della Nave. Il nome del Santo a cui la chiesa è intitolata, sarà proprio il nome del maiale che sarà scannato da lì a poco…. “
Qui, l’ “Uomo-porco”, nell’espressionistica scena dell’orgia, dei personaggi avvinazzati, la sconcezza della donnaccia, le urla dei festaioli e i versi dei maiali scannati, i tamburi che martellano l’atmosfera sonora scandita da un ritmo ormai fissato nelle orecchie di tutti, dà il posto all’ “Uomo-dio” che trasforma in poco tempo le sue urla in mugolii, in lamenti dei penitenti che si battono il petto, in segno di ”sincero” pentimento davanti la Croce del Cristo.”
Dove e come si apprezza quindi quest’opera di Lizzi dal punto di vista musicale ?
“Dopo un excursus sulle opere musicate su testo pirandelliano, il saggio si conclude con un’ approfondita analisi musicologica, corredata da esempi musicali esplicativi. Quest’analisi si concentra su una doppia valenza sia letteraria che musicologica: si fa un esame della forma linguistico-espressiva, oltre che psicologica con cui Pirandello e Lizzi nei libretti hanno scritto le battute dei personaggi e le didascalie di scena; tutto ciò Lizzi lo ha saputo rendere in musica attraverso la sua sapiente arte compositiva, con un misto di stili che vanno dall’uso della polifonia ai modi greci, al declamato melodico , ai richiami a temi popolari di danze tipiche , canti religiosi delle processioni, ritmi percussivi dei tamburi caratteristici della nostra terra.
Zino Pecoraro scrive ancora” Il libro è originale e profondo dal punto di vista dell’analisi perché l’autrice unisce una competenza letteraria ad una sicura conoscenza tecnica e storica della musica, oltre che vantare una esperienza collaudata come concertista. Il libro poi si sofferma con copiose ed approfondite argomentazioni ad esaminare l’opera lirica scritta da Michele Lizzi. Questo aspetto conferisce al testo, appena edito, una grande validità perché consente di percepire passo passo tutte le varie scelte musicali operate da Lizzi, per sottolineare le caratteristiche della Sagra. Non manca nel libro il puntuale riferimento alle fasi della preparazione della rappresentazione dell’Opera Lirica, alle prove, agli spartiti, alle note giornalistiche di commento alle rappresentazioni svoltesi al Teatro Massimo di Palermo”.
Può essere ancora attuale l’opera di Lizzi ?
“Ma certo, in un periodo di disorientamento, labilità e precarietà, acuite dalla pandemia,è importante diffondere la conoscenza di tradizioni e feste polari, se si pensa che in essa è condensato un crogiuolo di temi, valori, tradizioni nostre locali ma che assurgono a valore universale: il nostro essere siciliani, la Sicilitudine ,(la Sicilia come metafora di sciasciana memoria), le nostre contraddizioni tipiche colte acutamente dal genio di Pirandello, oggi ancora irrisolte anzi aggravate dall’odierno senso oggi dimenticate. Tutto ciò può dare ai giovani la possibilità di conoscere il loro passato che riconoscono quanto mai attuale, pur nel suo rimanere irrisolto ma di cui è nostro dovere conoscere ed averne almeno consapevolezza nella speranza di un futuro migliore, stando attenti all’inganno e all’ipocrisia che è sempre dietro l’angolo in ogni aspetto della nostra vita quotidiana.
Mi auguro infatti che, con questo mio lavoro scritto con fatica anche grazie al lockedown, Michele Lizzi sia conosciuto dai giovani di oggi e non solo, cosi come i politici locali possano avallare la diffusione della sua musica, la conoscenza delle sue opere, ed il messaggio di fondo che traspare sempre a partire dalla sua terra d’Akragas a cui era legato e che oggi deve riesumarlo dalla memoria”.
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