Depositate le motivazioni della sentenza di condanna di Silvana Saguto

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“Un patto corruttivo permanente. Un mercimonio dei beni sequestrati e delle amministrazioni giudiziarie”: depositate le motivazioni della sentenza di condanna di Silvana Saguto.

Il 28 ottobre del 2020 l’ex presidente della sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Palermo, Silvana Saguto, è stata condannata ad 8 anni e 6 mesi di reclusione. Severe condanne sono state inflitte anche al presunto “cerchio magico” della Saguto, tra amministratori giudiziari ed esponenti delle istituzioni. Ebbene, adesso i giudici della sezione del Tribunale di Caltanissetta, presieduta da Andrea Catalano, hanno depositato le motivazioni della sentenza di condanna. Ordunque, tra l’altro i magistrati giudicanti scrivono: “Da questo processo è emerso il mercimonio della gestione dei beni sequestrati e l’approfittamento, a vari livelli, del ruolo istituzionale ricoperto. E’ stata posta in essere una serie eterogenea di reati, mediante una così grave distorsione delle funzioni giudiziarie – per tempi, modalità e protrazione delle condotte – da avere arrecato, oltre che danni patrimoniali molto ingenti all’erario e alle amministrazioni giudiziarie, anche un discredito gravissimo all’amministrazione della giustizia”. E poi, tra le 1306 pagine depositate, si legge: “E’ emerso un quadro di desolante strumentalizzazione della funzione giurisdizionale a favore di una gestione privatistica, caratterizzata da un intreccio di rapporti personali e di condotte fondate sul dato costante dell’assoluta marginalizzazione dell’interesse pubblico connesso alle funzioni giurisdizionali”. E poi, su Silvana Saguto, già radiata dalla magistratura, si legge: “Poteva contare sistematicamente sulla disponibilità dell’avvocato e amministratore giudiziario Gaetano Cappellano Seminara prima, e poi del professor Carmelo Provenzano, ex docente alla “Kore” di Enna e amministratore giudiziario anche lui: soggetti comprensibilmente inclini ad assecondare le pretese della Saguto per conseguire vantaggi che non le sarebbero spettati”. In sintesi, lei avrebbe affidato gli incarichi delle amministrazioni giudiziarie, e loro avrebbero ricambiato con favori di vario genere. E a tal proposito i giudici sottolineano: “Non era un’associazione a delinquere, ma un patto corruttivo permanente”. Ed ancora a tal proposito, al vaglio dei giudici ha anche retto il contestato episodio dei 20mila euro consegnati una sera del giugno 2015 alla Saguto, tutti in banconote da 50 euro, da Cappellano Seminara dentro un trolley. Ed in riferimento a ciò i magistrati scrivono: “Le risultanze delle indagini preliminari hanno dimostrato come la principale fonte di reddito di Lorenzo Caramma, ingegnere e marito di Silvana Saguto, negli anni dal 2006 al 2015 siano proprio i compensi corrisposti da Cappellano Seminara quale libero professionista e quale amministratore giudiziario”. E poi i giudici aggiungono: “Cappellano Seminara non riceveva lucrosi incarichi dalla Saguto per le sue indiscusse capacità professionali quanto invece perché lo stesso poteva ricambiare attraverso il conferimento di incarichi al marito e attraverso le dazioni di utilità indebite. Ed il docente Carmelo Provenzano otteneva incarichi dagli amministratori nominati dalla Saguto, e in cambio si sarebbe adoperato per spianare la strada universitaria al figlio di lei Emanuele, e aiutarlo a raggiungere l’agognato traguardo della laurea”. Infine, “le amministrazioni giudiziarie sarebbero diventate agenzie di collocamento di amici, parenti o persone segnalate dalla giudice Saguto e dai vari amministratori giudiziari nominati”.

 

Angelo Ruoppolo (Teleacras)

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