L’artista Francesca Noto si racconta: “Amo il dramma del conflitto, come quello fra me e la mia terra…”

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Come descriveresti il tuo lavoro? Credi sia rappresentativo della tua persona?

“Colmo di passione e abbracciato dal metodo, credo sia lo specchio di me stessa, dunque decisamente rappresentativo. L’esperienza mi ha portato a scegliere di vivere la vita come se ogni cosa fosse arte e provando da me a ergere le fondamenta della dimora della mia creatività con estremo ordine. Sono una persona decisamente emotiva, ma anche metodica. Un palazzo di ben ordinate passioni, retto su una solida determinazione”.

Racconti spesso di storie di vicinanza e separazione, questa ambivalenza è collegata al tuo allontanamento dalla tua Sicilia?

“Sì, assolutamente sì. Abito da tanti anni lontano dalla mia terra di origine: la Sicilia. Questo allontanamento l’ho trovato una meravigliosa opportunità per capire quello che sta al di là di me e del mio piccolo. Capendo per esempio, che i confini esistono davvero soltanto in noi stessi, nella nostra personale esperienza, nel crescere all’interno di una sottocultura regionale. Sono consapevole di vivere il conflitto di appartenenza ad essa, ma anche quello di essere altro in quanto individuo unico. E come fanno questi due sentimenti a intrecciarsi in maniera sinergica? Con il trascorrere degli anni, sono passata da una mancata comprensione di fondo a un modus operandi semplificativo, che mi permettesse di analizzare le cose in maniera chiara.

Visto che sono una persona abbastanza complessa e mi è anche sempre piaciuto esserlo, ho capito che senza questo conflitto le mie storie non esisterebbero. Amo il dramma del conflitto, come quello fra me e la mia terra. Come diceva Catullo: gli amori ambivalenti sono i più belli!”

Hai iniziato la tua esperienza artistica nel campo della recitazione, pensi che questo abbia aiutato o ostacolato quello che fai oggi? Quali sono i tuoi punti forti e le tue debolezze da regista?

“Penso che la recitazione abbia apportato solo un notevole aiuto, permettendomi in qualità di regista di porre l’attenzione soprattutto sull’attore, interprete della mia idea. E poi, essere un’attrice/regista mi aiuta tanto a capire come definire e descrivere un’emozione e il relativo sottotesto, in contrapposizione al mezzo con cui voglio inquadrarlo e catturarlo. Il mio punto forte è al tempo stesso il più debole: la sensibilissima determinazione che è peculiare del mio modo di vivere e di lavorare, come Francesca-persona e Francesca-artista”.

Hai girato un videoclip che ha avuto un gran consenso da parte della critica “Sogno l’amore” di Andrea Laszlo De Simone, di cui hai curato la regia insieme allo stesso. Culla scenica del video Agrigento, tua città natale, e protagonisti del video i tuoi genitori. Come è stata la lavorazione di questo progetto? La sintonia con una canzone rende più semplice il processo realizzativo di un videoclip?

“Sin da subito ho amato la melodia e il testo. Ricordo la risposta di Andrea quando gli chiesi di cosa parlasse la canzone: “per me parla della pulsione umana di provare passioni. La passione è il motore di tutto senza cui non si può vivere”. Sia io che Andrea, volevamo incentrare il video sulla spontaneità e la naturalezza del modo di fare e di essere. L’idea è maturata intorno al volto di mio padre, di cui Andrea si era innamorato, e che rappresentava per me un motivo di forte ansia. Una scelta che andava a creare un conflitto di interesse tra regista e attore, ma anche tra padre e figlia. Alla fine, però, questo ha creato una voglia immane di sfidare questa paura, ingrandendola ancor più con le figure della processione di pasqua della mia città natale e soprattutto quella di mia madre. La paura credo sia un’emozione tanto alta quanto la passione. Un connubio molto equilibrato che porta a quel qualcosa di dannatamente magico che io chiamo il “fascino dell’irripetibile”. E alla fine? È stato bellissimo! Ho scoperto di avere due genitori attori provetti, ed una città dipinta da un fascino poetico. Non dimenticando che si, la sintonia con una canzone rende il tutto sicuramente più semplice. Ma il processo realizzativo di un qualsiasi lavoro è sempre unico e affascinante. Ed in questo caso per me lo è stato incredibilmente”.

Qual è la domanda principale nella vita a cui stai cercando di rispondere attraverso la tua arte ?

“Rovistando nei meandri della mia mente ti direi “Qual è la domanda principale del giorno?” Mi piace tantissimo, perchè è quotidianamente mutevole. Ma ti posso dire sicuramente qual è l’insegnamento principale di fronte a questa moltitudine continua di punti interrogativi: con l’arte li puoi rappresentare tutti. In un’esistenza colma di tumulti, possiamo vivere svariate vite cercando le giuste risposte, ma al tempo stesso possiamo decidere di cambiare le domande e di cambiarci esattamente come si può fare in una storia di un videoclip o di un film. Ecco questo è quello che ho imparato. La domanda? Mai una sola”.

Quali sono i progetti futuri e magari anche quelli passati, ma ancora tenuti nel cassetto?

“Sono anni che sto scrivendo la sceneggiatura di un film ambientato sempre nella mia terra, alle pendici del parco delleadonie. Per molto tempo ho temuto il mancato arrivo della fine su cui adesso, invece, vedo uno spiraglio di luce in tempi decisamente brevi. Tra poco, invece, uscirà l’ultimo videoclip che ho scritto e diretto per la canzone “Quello che so” di Cost Delaney, artista emergente dell’entourage pugliese, con cui ho avuto il piacere di collaborare e che potrete presto trovare su youtube”.

Lasciaci tre cose: Un videoclip che avresti voluto girare?

“Without you” di Lapalux. Adoro quando l’estetica si mischia all’emotività e credo che questo videoclip rappresenti questo in modo semplice e chiaro come piace a me”.

Un film che avresti voluto dirigere?

“Me ne sono venuti in mente due profondamente diversi, ma con una comune caratteristica: un indubbio fascino. “Arirang” di Kim Ki Duk e “L’avventura” di Michelangelo Antonioni”.

Un ruolo che avresti voluto interpretare?

“Potrei dire tutti quelli dei personaggi femminili di Antonioni, forse ultimo regista a cui riconosco la volontà di indagare sulla donna all’interno di qualsiasi contesto. Tra tutti scelgo “Giuliana” interpretata da Monica Vitti nel film “Il Deserto rosso”.

 

 

 

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One Thought to “L’artista Francesca Noto si racconta: “Amo il dramma del conflitto, come quello fra me e la mia terra…””

  1. Bravissima Francesca!
    Ti auguro di realizzare ogni cosa che il tuo cuore desidera.
    La Sicilia è nel nostro sangue, manca ed è dentro di noi sempre.

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