La Commissione regionale antimafia, presieduta da Claudio Fava, avanza il sospetto che dietro agli incendi si nascondano gli interessi sul fotovoltaico. Legambiente: “E’ una sciocchezza”.
In Sicilia imperversa disastrosamente l’emergenza incendi. E la Commissione regionale antimafia, presieduta da Claudio Fava, è giunta ad una conclusione: “La criminalità organizzata ha mutato la sua strategia. Il fuoco al posto delle pallottole”. La Commissione si è riunita in trasferta a Caltagirone, in provincia di Catania, nella sede dell’impianto di raccolta e smaltimento rifiuti “Kalat Ambiente”, appena devastato da un incendio. E Claudio Fava ha affermato: “Dobbiamo prendere atto che in Sicilia non sono i barbecue e le sterpaglie che provocano questi incendi. Siamo di fronte a un 98-99 per cento di dolo nei roghi che sono scoppiati quest’estate”. E poi ha aggiunto: “Dietro alle fiamme si nascondono interessi forti e precisi, che potrebbero essere collegati anche al fuoco scoppiato alla ‘Kalat Ambiente’, che è una struttura virtuosa, che fa paura, perché non è costruita sul principio del profitto ad ogni costo”. E poi il presidente dell’Antimafia ha sottolineato: “In Sicilia si usano i roghi più delle pallottole, quando c’è da contrastare avversari pericolosi o da sopprimere interessi e contenziosi. Ad esempio, c’è da fare una riflessione su quello che sta accadendo sul fotovoltaico, ovvero una ricerca spasmodica di terreni da acquistare a 30.000 euro ad ettaro, con 200 progetti già presentati alla Regione Siciliana per impianti di fotovoltaico con ingenti finanziamenti che stanno per arrivare nell’assenza assoluta di misure che garantiscano una salvaguardia del territorio, quindi in condizione di totale anarchia normativa” – ha concluso Fava. E a tal proposito, da indiscrezioni è trapelato che alcuni proprietari terrieri sarebbero stati avvicinati da intermediari interessati ad acquistare i loro campi, da destinare poi alla realizzazione di nuovi impianti fotovoltaici. Di diverso avviso è il presidente regionale di Legambiente, Gianfranco Zanna, che controbatte: “Questa ipotesi di un collegamento tra gli incendi dolosi e le nuove opportunità per gli investitori del fotovoltaico sembra una sciocchezza, proprio perché una legge regionale, la numero 14 del 2006, che ha recepito la legge nazionale 353 del 2000, vieta almeno per 10 anni le trasformazioni urbanistiche nei terreni bruciati. E, tra l’altro, per ora è possibile fare il fotovoltaico nei terreni agricoli: dov’è il nesso? Il parallelismo roghi-fotovoltaico fa perdere il nodo della questione: in questa regione gli incendi cominciano da anni a maggio, e una pessima e arrugginita macchina organizzativa si mette in moto, quando va bene, a giugno, e con mezzi antiquati e personale anziano. Invece di parlare di questo, si va a guardare al fotovoltaico, contro le fonti rinnovabili”.
Angelo Ruoppolo (Teleacras)