E’ emergenza personale nell’area di… emergenza dell’ospedale “Giovanni Paolo II” di Sciacca. C’è carenza di operatori sanitari e il pronto soccorso si trova spesso ingolfato di utenti che sono costretti ad attendere intere giornate. Non è solo un problema di eccesso di codici bianchi come spesso viene sottolineato, c’è una situazione di criticità che determina evidenti disagi per tutti, medici compresi, e che richiede massima attenzione da parte del management dell’Asp ma anche da parte delle autorità istituzionali che rappresentano il territorio e la città.
L’area di emergenza del nosocomio saccense è l’esempio di un fenomeno diffuso, quello della fuga del personale sanitario dai pronto soccorso: i medici non vogliono andare in prima linea e l’emergenza coronavirus ha acuito un problema in virtù di quel processo che sacrifica la qualità dell’assistenza sull’altare del budget. Non è un caso che insieme a tantissime risorse per i servizi anticovid si sia dimenticato che le aree di emergenza hanno bisogno di sostegno quotidiano. Il pronto soccorso di Sciacca si trova oggi ancora più di prima a dover sopperire alle carenze organizzative della sanità territoriale anch’essa trascurata per via della pandemia.
A Sciacca prima del Covid era stato annunciato con grandi proclami la ristrutturazione del pronto soccorso, di cui non si parla più. Ed era stata annunciata anche l’istituzione della “Stroke unit”, ovvero l’inserimento dell’ospedale di Sciacca nella rete regionale degli ospedali che possono gestire i casi di ictus acuti. E di questo nessuno parla più.