I Carabinieri di Canicattì sgominano una presunta maxi truffa a danno di almeno 160 persone, raggirate dalla promessa di un posto di lavoro. I dettagli.
Punta Bianca come la fontana di Trevi, che Totò, in un celeberrimo film del ’62, avrebbe tentato di vendere ad un credulone: i Carabinieri della Compagnia di Canicattì, coordinati dal procuratore capo di Agrigento, Luigi Patronaggio, e dal sostituto procuratore Giulia Sbocchia, hanno notificato l’avviso di conclusione delle indagini preliminari a tre indagati di associazione a delinquere finalizzata alla truffa, allorchè avrebbero perpetrato, tra il febbraio 2020 e l’agosto 2021, una maxi truffa a danno di circa 160 persone, tra le province di Agrigento, Caltanissetta e Palermo, raggirate per ottenere un posto di lavoro nell’ambito della costruzione di una fantomatica base militare della Difesa, dietro il pagamento di una tangente. Più nel dettaglio, la millantata, quanto falsa, costruzione militare sarebbe sorta a sud est di Agrigento, a Punta Bianca, prossima riserva naturale. L’ideatore e promotore della truffa sarebbe L M, sono le iniziali del nome, di Favara, che, incontrando i truffati, si sarebbe presentato come “Cardinale vescovo di Monreale”, una personalità di rilievo politico e sociale tale da potere garantire assunzioni. Insieme al favarese L M sono indagati due fratelli di Canicattì. Le indagini sono state avviate a seguito della denuncia di alcune vittime dell’inganno, che si sono rivolte ai Carabinieri. Le successive intercettazioni hanno svelato quanto di criminale sarebbe stato architettato. I tre, “per vendere la fontana di Trevi”, avrebbero millantato e vantato il patrocinio di vertici dello Stato, e poi avrebbero esibito progetti edilizi, contratti, documenti e timbri. E poi mappe della base, plichi sigillati in ceralacca, contratti e tesserini: tutto falso, e sequestrato. I truffati avrebbero pagato da 2500 euro in su per scavalcare l’esame di assunzione. E non solo: alcuni dei truffati sarebbero stati a loro volta reclutati per ricercare altri lavoratori da impiegare alla base militare. E non solo: per rendere credibile l’incredibile, i truffatori avrebbero indicato come destinatario dei soldi il generale di corpo d’armata Luciano Portolano, che è di Agrigento, ovviamente ignaro. Da menzionare è il caso di una donna, una imprenditrice, che ha pagato 5mila euro per gestire un ristorante dentro la base. Lei poi ha sostenuto altri costi, e non roba da poco, per formare una nuova società e per adeguare il proprio laboratorio artigianale. Le è costato così tanto che lei è stata costretta a cessare la propria attività. Alcuni truffati, per pagare ed essere assunti, hanno utilizzato finanche il reddito di cittadinanza. Le indagini proseguono per identificare altri eventuali complici o vittime della truffa.
Angelo Ruoppolo (Teleacras)