Nostalgia canaglia di Giovanni Parisi: “Anni 60-70 ecco il Natale in cucina”

Condividi
Le festa natalizie iniziavano con la preparazione del “RASOLIO” fatto in casa con alcool puro acqua calda e aromi diversi comprati dal droghiere per eccellenza “CARATOZZOLO” in via Atenea. C’erano diverse varietà del rosolio di diversi gusti e colori da offrire durante le feste ad eventuali ospiti che venivano a casa per gli auguri.
Il sedici di dicembre, dopo la festa dell’Immacolata, nelle famiglie si preparavano i dolci tipici natalizi della nostra tradizione GIURGINTANA. In cucina le nostre mamme e le nostre nonne insieme alle ragazze di casa preparavano i dolci natalizi: I PURCIDDRATI con i fichi secchi, i MASTAZZOLI con farina e vino cotto, e i dolci semplici di pasta frolla. Nelle case c’erano odori e fragranze straordinari e intensi odori di ammoniaca usata per la loro preparazione. Era davvero una bella festa vedere la preparazione di quei dolci tradizionale ma il dolce che più attirava la mia attenzione era “U PANI DI SPAGNA” difficilissimo da preparare con uova farina zucchero ed aromi particolari. Lo vedevo preparare da mia madre aiutata dalle mie sorelle. prima si sbattevano le uova separando il rosso dal bianco, poi si aggiungeva lo zucchero e la farina e si infornava nel forno caldo.
Tutti aspettavamo il risultato migliore ovviamente poiché qualche volta succedeva che il pan di spagna forse per la temperatura sbagliata del forno non lievitava bene e di conseguenza veniva fuori un dolce non effettivamente come doveva venire. In ogni caso noi lo mangiavamo lo stesso ma mia madre ovviamente manifestava molto disappunto per il mancato successo.
Se riusciva bene era davvero una bella festa, mai più ho mangiato una prelibatezza simile in vita mia dopo quelli fatti da mia madre e mia nonna.
I dolci venivano consumati tutte le sere con i vicini di casa o i parenti che venivano a giocare a carte o a tombola dopo cena.
La tanto attesa sera della vigilia di Natale, attesa da tutti quanti, grandi e piccoli era vissuta in maniera molto intensa. Il giorno prima mio padre aveva portato i ceci da “CALLIARE” da Pedalino in via Garibaldi, l’unico in città a fare bene questo lavoro. Mio zio Alfonso che aveva l’orto, portava a casa mia i migliori Cavolfiori rigorosamente rossi, Ravanelli lunghi rossi, ” LA MURTIDDRA” da mangiare alla fine dei pasti, Finocchi, Spinaci e Cardi che dovevano essere utilizzati per la cena della vigilia da passare tutti quanti insieme.
Mia madre già di prima mattina del giorno prima fino a pochi minuti dall’inizio della cena, preparava diversi piatti della tradizione natalizia: Baccalà in umido, lessato e fritto; Cavolfiori lessi, in umido e fritti con la pastella, cardi lessi conditi e fritti con la pastella, spinaci lessi con aglio. Tutte queste pietanze rappresentavano “l’antipasto” seguito dai calamari fritti come piatto principale. Il pasto era accompagnato dal vino rigorosamente “di casa” e da una bevanda simil aranciata o coca cola preparata con le bustine e una fiala di essenza anch’esse comprate in drogheria. la preparazione di queste bevande era davvero un rito a tavola. Mio padre eseguiva l’intera operazione con la massima diligenza. Al termine della cena si gustavano i finocchi e i ravanelli e gli aranci o mandarini; e la classica murtiddra gialla. dopo aver sparecchiato la tavola iniziavamo a giocare a tombola o con le carte a “MINICHEDDRU” il famoso due di spade che faceva vincere tutta la somma puntata nel piatto. Si giocava assaggiando i “CECI CALLIATI”, le noci e le mandorle e le noccioline americane abbrustolite, seguiti per i più gradi, da qualche bicchierino di rosolio. La cena terminava alle undici e poi di corsa si andava per le strade per assistere alla novena fatta davanti “LA FIGUREDDRA” con i ragazzi che accendevano i fuochi per saltarli da una parte all’altra, oppure si andava in chiesa ad assistere alla messa e vedere i presepi realizzati dai preti.
Il giorno di natale era un trionfo della carne preparata in mille modi già molto presto dalle donne di casa mentre gli uomini andavano in piazza a fare gli auguri agli amici. In tutte le case e condomini si sentivano i forti profumi e le fragranze dei piatti che le donne preparavano. Il pranzo iniziava con la degustazione della pasta a forno preparata con abbondante CAPULIATO MISTO,piselli, mortadella a pezzi e formaggi vari.
Le porzioni erano davvero abbondanti Dopo a tavola veniva servito il piatto principe che non mancava in nessuna famiglia:”U CAPUNI IMBOTTITO” rigorosamente “di casa” lessato con cipolle,patate, sedano e pomodoro. Il brodo veniva utilizzato la sera, per mantenersi leggeri con un po’ di pastina. Dopo veniva servito il classico capretto cucinato a forno con le patate e “u BRUSCIULUNI di CUTINI”. Dopo i secondi piatti arrivavano i contorni a base di verdure lesse o insalate di ravanelli e finocchi per “digerire”. I dolci venivano serviti, dopo aver fatto sparecchiare la tavole. Di solito erano a base di ricotta. Naturalmente non mancavano mai la CASSATA con la frutta candita e i CCIARDUNA” . Fichi secchi, datteri, noccioline, noci e ceci calliati chiudevano il pranzo, con il solito bicchierino di rosolio. Ovviamente non esisteva ancora il panettone e il pandoro conosciuto all’epoca solo da poche famiglie, dato il costo elevato per quei tempi e ancora poco conosciuti dal popolo in generale.
Un panettone da un kg. negli anni 60′ costava come quindici litri di benzina di oggi cioè al cambio attuale quasi 20 euro. Oggi un panettone costa meno di 3 euro.
La sera, dopo aver giocato a tombola o a carte tutto il pomeriggio, le donne di casa già alle 20 preparavano la tavola per tutti come se quell’abbondante e devastante pranzo fosse stato già abbondantemente digerito. A tavola si portava il brodo del cappone con la pastina e tutte le pietanze rimaste sia la sera prima che il giorno stesso.
Per Santo Stefano a parte una minestra di cavoli particolari chiamati “TRUNZI DI FERA” si mangiavano gli avanzi dei due giorni precedenti che erano davvero abbondanti. Normalmente per 10 persone in genere si cucinava con gli stessi ingredienti per 40 persone. Per tutti i giorni tra natale e capodanno a casa si mangiava in maniera leggera: minestre, zuppe e verdure per smaltire le abbondanti porzioni delle cene e del pranzo natalizio in attesa della cena di fine anno.
La cena di fine anno era a base di “SPINCIONI” e di MMISCATE fatti rigorosamente a casa . Gli “spincioni” erano imbottiti di carne e broccoli e di “ZARCHI” selvatici con salsiccia e patate. Una classica variante allo “spincione” era la pizza di casa molto più semplice con sarda salata aglio e pomidoro ed origano. Le “mmiscate”, erano a base di pasta di farina con cavolfiori e tritato oppure con olive nere e mortadella.. Dopo gli “spigioni e le mmiscate” mangiati ancora caldi appena sfornati, venivano serviti il baccalà i cardi e i cavolfiori nelle stesse varianti serviti a Natale. Il cenone terminava con una insalata a base di arance, “cipollette” e aringa affumicata e la frutta secca tipica. Non veniva servito nessun tipo di dolce da consumare per il pranzo del giorno dopo. Ovviamente si sconosceva lo zampone con le lenticchie ancora sconosciuto al popolo in generale. A mezzanotte si brindava con una bottiglia di spumante e una fetta di “PANI DI SPAGNA” preparato a casa.
Quasi tutti restavano a casa pochissimi andavano a qualche festa da ballo anche perché la mattina dopo si dovevano alzare presto per la messa e per preparare il pranzo. Il pranzo del primo dell’anno era quasi simile a quello di Natale c’erano poche varianti. Assolutamente non doveva mancare la pasta a forno, il capretto e il cappone. Qualche famiglia preparava le polpette di carne o i piccoli “brusciuluna” di carne con dentro il tritato di cui io andavo pazzo. La sera del primo dell’anno la solita minestrina e i soliti avanzi chiudevano la giornata. Il giorno dopo si andava al lavoro ed i commensali si portavano a casa quello che era rimasto per non dover cucinare. Ecco questi erano i cibi con gli antichi sapori quasi dimenticati che ad Agrigento si mangiavano per le feste.
Oggi ahimè è tutto diverso. I dolci si comprano nelle pasticcerie e nei panifici. Gli spincioni non si preparano più a casa e si prenotano nei panifici e portati a casa qualche ora. Molti hanno cambiato pure il tipo di pietanze a tavola. Si degustano pietanze di altre regioni, nella maggior parte dei casi comprati già pronte. Molti vanno ai ristoranti per i pranzi o le cene a degustare piatti che non fanno parte della nostra tradizione ma di altre tradizioni di altre regioni. Si mangiano i panettoni e i pandoro i mille varianti diverse acquistati nei supermercati a pochi euro oppure panettoni al pistacchio con il marchio DOLCE E GABBANA acquistati anche a 50 euro. Probabilmente tra qualche decennio tutto quanto ho descritto verrà dimenticato a favore di piatti già pronti da degustare in quantità minime soprattutto a ristorante. Peccato!!!!

Notizie correlate

Leave a Comment