Risorgimento socialista, tramite il segretario regionale, Nino Randisi, ha diffuso un ampio intervento a fronte del rischio chiusura delle emittenti televisive locali “perché – sottolinea il giornalista che scrive – l’allora presidente del Consiglio, signor Renzi, e l’allora ministro dello Sviluppo economico, signor Calenda, tanto interessati alla tutela dei posti di lavoro, probabilmente per favorire gli operatori telefonici del 5 G, in concorso con la Rai a cui siamo obbligati a pagare l’abbonamento, hanno posto all’asta le frequenze caricando poi sulle emittenti aggiudicatarie un canone per decine di migliaia di euro all’anno”. Randisi afferma:
“Anche nella nostra Regione le emittenti televisive locali rischiano la chiusura con gravi pregiudizi al patrimonio culturale e sociale, all’ informazione, come anche all’occupazione”. Per Risorgimento Socialista “ le televisioni locali, sono state da sempre le vere sentinelle delle realtà regionali, provinciali e comunali, baluardo naturale del principio di democrazia dell’informazione basata su tre precise declinazioni del pluralismo nell’informazione : il pluralismo interno, rimesso alla concessionaria del servizio pubblico, il cui compito è «dar voce – attraverso un’informazione completa, obiettiva, imparziale ed equilibrata nelle sue diverse forme di espressione – a tutte, o al maggior numero possibile di opinioni, tendenze, correnti di pensiero politiche, sociali e culturali del Paese»; il pluralismo esterno, dato dal dispiegarsi della concorrenza tra il maggior numero possibile di fonti informative; il pluralismo diversificato, consistente nella possibilità, offerta all’utente, di scegliere fra più fonti notiziali qualitativamente differenziate”. Sempre per Risorgimento Socialista, il servizio pubblico inteso la RAI ha contribuito, in concorso con i grandi netwok privati ad assottigliare sempre di più i residui spazi di informazione proprio a livello locale. Proprio al tempo attuale dove il cittadino\utente è alla costante ricerca di spazi di reale e libera informazione dove poter dibattere e confrontarsi. La politica e i partiti, con logiche, sfumature e strategie diverse non hanno volutamente adoperarsi per raggiungere i seguenti obiettivi : rendere disponibili un numero adeguato di frequenze necessarie alle emittenti locali così da proseguire l’attività editoriale. Creando così le condizioni per mantenere l’occupazione di migliaia di addetti tra i quali almeno mille giornalisti; Calmierare l’ elevato costo del fitto da versare allo Stato che pesa sull’asfittico bilancio delle emittenti locali e infine adottare una più equa distribuzione dei finanziamenti previsti dal Fondo per il pluralismo dell’informazione e nuove tecnologie (DPR 146/17) che assegna l’80 per cento ai grandi network nazionali lasciando il residuo alle piccole emittenti”. Risorgimento Socialista, infine, ritiene che “a garanzia della democrazia, l’informazione deve restare diffusa, libera e indipendente. Perché ne sia davvero assicurato il pluralismo lo Stato deve garantire certezza e serenità nel lavoro alle migliaia di professionalità ogni giorno impegnate. Il sindacato dei giornalisti come anche i sindacati confederali e nazionali riconosciuti devono sostenere questa battaglia di civiltà e di reale democrazia.” Allertiamo la Presidenza della Regione e l’Assemblea regionale Siciliana .-conclude Risorgimento Socialista- affinchè si adoperino in tal senso , nei modi e nelle forme più opportune per risolvere una vicenda che rischia di minare seriamente la democrazia ed il lavoro”.