Acqua pubblica, in provincia un disastro e l’Ati fra cinque mesi paleserà il fallimento di un sogno

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di Filippo Cardinale

Quanto tempo si è perduto a causa delle non decisioni, ma anche di scelte sbagliate! E quando c’è di mezzo la politica appare finanche scontato la deriva di un sogno, ma anche di una lotta dei cittadini. I quali, dopo aver fatto indigestione degli slogan di parlamentari e sindaci, si ritroveranno con la gestione del servizio idrico più privato di prima.

Il DDL del Governo Draghi sulla concorrenza ha un termine ben preciso: entro luglio prossimo. L’Ati Ag 9, le cui virtù sono state decantate più per autoreferenza e per referenza politica che per verità oggettiva, deve fare miracoli per i quali non dispone né mezzi né capacità. C’è il concreto rischio che frani tutto, AICA compresa. Per inerzia, per incapacità, per mediocrità.

Il DDL Draghi non ammette scorciatoie. Entro il prossimo luglio l’ATI Ag 9 dovrà dimostrare che il gestore idrico, cioè AICA, ha i conti in ordine. Ma non solo. I conti dovranno dimostrare che il servizio è svolto talmente bene che la consortile nata il 2 agosto dello scorso anno è più efficiente del privato, tanto da preferirlo. A distanza del 2 agosto 2021, AICA ha solo dimostrato che non è in grado di effettuare manutenzione ordinaria e straordinaria. Basta guardare le migliaia di perdite idriche nei vari Comuni. Basta ricordare che i fornitori non danno più credito alla consortile.

La lettera F del DDL sulla concorrenza evidenzia che l’ente locale deve motivare anticipatamente e in modo qualificato la scelta o la conferma del modello dell’autoproduzione ai fini di una efficiente gestione del servizio, che dia conto delle ragioni che, sul piano economico e della qualità, degli investimenti e dei costi dei servizi per gli utenti, giustificano il mancato ricorso al mercato.  

Nella lettera H, invece, il DDL rimarca la previsione di sistemi di monitoraggio dei costi al fine del mantenimento degli equilibri di finanza pubblica e della tutela della concorrenza, nell’ipotesi di ricorso da parte dell’ente locale al modello dell’autoproduzione. In buona sostanza, si deve mantenere il gestore pubblico efficiente nel tempo.

Sono tutti requisiti mancanti nella realtà della nostra provincia e la cui responsabilità è chiara sia nell’ATI AG 9 che nell’AICA.

Non risparmiano dure critiche l’associazione Titano, Legambiente, Konsumer, Codacons, Agrigento punto e a capo, A testa alta, Mani Libere e accusano di inadempienza l’ATI AG 9 poiché non riesce a formare l’ambito territoriale con un gestore unico. AICA, infatti, ha solo 33 Comuni, mentre gli 8 “ribelli” più Camastra e Lampedusa, si sono chiamati fuori dalla AICA, mandando in frantumi l’unicità dell’ambito. “Niente gestore unico, niente soldi del PNRR, quindi niente investimento nell’efficientamento del servizio”, accusano le associazioni, sostenendo anche che “niente soldi del PNRR sommato alla mancanza del gestore unico condurrà AICA ad essere finanziariamente insostenibile”.

E’ ovvio che le associazioni chiamano al banco degli imputati i sindaci le cui scelte e indecisioni “favorirebbero il colpo di spugna di Draghi sui servizi pubblici locali e il ritorno al privato”.

 

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