Mentre un più pacato e riflessivo presidente della Regione Nello Musumeci ha fatto prevalere la razionalità all’impulsività, Gianfranco Miccichè non perde un solo istante di tempo e accende il proprio carro armato per spianare sia i franchi tiratori, i tragediatori e i (poveri) dissidenti che hanno osato sfidare il re del 61 a zero.
Bene o male, tintu o pintu, il Gianfrancone dalle origini della Città dell’Agnello Pasquale (Favara) ha tenuto banco in Sicilia per almeno una trentina di anni. C’è quando ha vinto, c’è quando ha stravinto e c’è anche quando non ha vinto; ma sempre a galla è rimasto.
Non a caso, re Silvio da Arcore, ha sempre e solo fatto affidamento su di lui, il quale, comunque, come detto prima, ha tirato avanti la carretta con massima dignità.
Ieri il miserevole attentato al grande capo, fallito inesorabilmente con un ribaltone senza precedenti. L’imboscata di chi voleva prendere lo scettro senza minimamente meritarselo è “andata in porto” come “la vittoria” all’ora di pranzo di Napoleone in quel di Waterloo. Né più, né meno.
Miccichè, che non è Santa Maria Goretti, intanto centra un poker di tutto rispetto: azzoppa Matteo Scavone da commissario di Forza Italia a Partinico, Riccardo Savona da presidente della commissione Bilancio, Margherita La Rocca Ruvolo (poi, Margot, più avanti ne parliamo) dal prestigioso incarico di presidente della Commissione Sanità e Stefano Pellegrino da presidente della Commissione Affari Istituzionali.
Gianfranco Miccichè ha dapprima incassato e poi, scientemente, ha reagito con tempestività alla azione di cabotaggio perpetrata dal capogruppo dei ribelli Caputo, subito sventata e disintegrata, facendo rimanere al proprio posto il già Capogruppo Calderone.
Questa la giustissima (e sacrosanta) punizione per un gruppo di “beneficiari rancorosi”, cosiddetti dissidenti, che hanno cercato di fare le scarpe al plenipotenziario di Arcore. Gente, questa, che ha saputo ricambiare “nel migliore dei modi” quel Gianfranco che non aveva esitato un solo istante a farli sentire importanti (e non semplici onorevoli) con incarichi, prebende, commissioni e sottogoverni.
Non parliamo di posti di lavoro quanto meno discutibili. Più avanti sveleremo come affini e congiunti di politici sono riusciti ad entrare e lavorare nell’amministrazione pubblica con un semplice schiocco delle dita. Non è il momento, calma e sangue freddo.
Adesso per gli “amici traditori” è iniziato il repulisti; quel beneficiato di Gianfranco, tal Matteo Scavone di Casteltermini fedelissimo di Savona, che oggi tra l’altro sempre grazie all’esperto Presidente o ex Presidente della commissione Bilancio, gode di un contratto in essere da capo della segreteria tecnica da 75 mila euro all’Assessorato alla funzione Pubblica. Intanto è stato fatto fuori da Commissario di Forza Italia a Partinico.
Se qualcuno ancora non l’avesse capito, Miccichè non è un ponderato Musumeci. Chi attenta alle sue spalle non può fare altro che finire a binario morto.
Ci sono ancora alcuni altri che devono pagare il conto a Miccichè, i cosiddetti fedelissimi, i quali fino ad oggi hanno solamente riempito il piattino presentato al presidente dell’Ars, ma che sono stati sgamati per aver tradito senza un briciolo di dignità la sua fiducia.
N.B. A Margherita La Rocca Ruvolo: ti rendi conto, vero? Ma cu tu fici fari?
Noi te lo avevamo detto…