La Corte d’Assise d’Appello di Palermo conferma la sentenza di primo grado: quattro condanne e due assoluzioni per il brutale omicidio dell’avvocato Enzo Fragalà.
La sera del 23 febbraio del 2010 l’avvocato Enzo Fragalà, 61 anni, è aggredito brutalmente, a colpi di mazza, appena fuori dal suo studio legale, nei pressi del palazzo di giustizia. Il penalista, già parlamentare di Alleanza nazionale, muore dopo tre giorni d’agonia all’ospedale “Civico”. Dopo una prima archiviazione delle indagini, nell’aprile del 2015 il pentito Francesco Chiarello svela mandanti, esecutori e movente del delitto, e racconta: “Il pomeriggio dell’aggressione vennero a casa mia. E Franco Arcuri disse che servivano quattro persone a Salvatore Ingrassia, perché ci aviamu a dare quattro colpi di legno a una persona”. Chiarello indica anche il movente dell’agguato: Fragalà sarebbe stato ucciso su ordine dei vertici del clan di Porta Nuova perché in più di una occasione avrebbe indotto i suoi clienti a collaborare con i magistrati.
“Così si insigna a fare l’avvocato” – sarebbero state le parole dei mandanti. E il pestaggio di Fragalà sarebbe stato un avvertimento, un cartellino giallo, a tutta l’avvocatura palermitana. E dunque, insieme a Franco Arcuri sono stati arrestati, tra i clan di Porta Nuova e Borgo Vecchio, Antonino Abbate, Salvatore Ingrassia, Antonino Siragusa, Paolo Cocco e Francesco Castronovo. Secondo Chiarello, che ammette di avere partecipato solo alla fase preparatoria dell’omicidio, ad uccidere Fragalà sarebbero stati Francesco Arcuri, che avrebbe organizzato l’aggressione su ordine del boss di Porta Nuova Gregorio Di Giovanni (mai arrestato perché non vi sarebbero elementi sufficienti a suo carico), Antonino Abbate, Antonino Siragusa e Salvatore Ingrassia.
Abbate, Siragusa e Ingrassia avrebbero atteso l’avvocato fuori dallo studio, lo avrebbero immobilizzato e pestato. Invece, Francesco Castronovo e Paolo Cocco, che sono stati assolti, probabilmente sotto effetto di droga, l’avrebbero colpito mortalmente a bastonate. Nel frattempo, alle dichiarazioni di Chiarello si sono aggiunte quelle dell’imputato Antonino Siragusa, il quale ha sostenuto che Cocco e Castronovo non avrebbero partecipato all’agguato, e ha discolpato anche Arcuri. Ebbene, adesso, la Corte d’Assise d’Appello di Palermo ha confermato la sentenza emessa in primo grado: quattro condanne e due assoluzioni. Sono stati inflitti 30 anni di carcere al presunto boss Antonino Abbate, ritenuto l’esecutore materiale del delitto. Poi 24 anni a Francesco Arcuri, e 22 anni a Salvatore Ingrassia. E poi 14 anni a carico del dichiarante Antonino Siragusa, al quale i giudici hanno riconosciuto l’attenuante speciale della collaborazione con la giustizia. Assolti Francesco Castronovo e Paolo Cocco. Sono stati confermati anche i risarcimenti provvisionali alle parti civili: 100mila euro ciascuno alla moglie e ai figli del penalista. Poi 70mila euro sono stati riconosciuti alla madre del penalista, nel frattempo deceduta, 25mila alla Camera Penale e al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati, e 10mila euro al Consiglio Nazionale Forense.
Angelo Ruoppolo (Teleacras)