Il presunto furto di materiale informatico su Matteo Messina Denaro alla Procura di Palermo. Chiesta l’archiviazione delle indagini. L’opposizione di Ingroia, che assiste il finanziere denunciante.
La Procura della Repubblica di Caltanissetta ha proposto al Tribunale di archiviare l’inchiesta sul “giallo” della sparizione dei dispositivi elettronici con i file d’indagine sul latitante Matteo Messina Denaro. Tale sparizione, ancora avvolta dal mistero, è stata denunciata da un militare della Guardia di Finanza, che si è opposto all’archiviazione.
Si tratta di Carlo Pulici, che per parecchi anni ha lavorato al fianco del procuratore aggiunto, Maria Teresa Principato, che a Palermo ha coordinato le ricerche del latitante. Adesso sarà il giudice per le indagini preliminari a decidere nel merito. Il fascicolo contiene la relazione di servizio di Carlo Pulici, che nel 2015 ha denunciato: “Nella stanza dell’aggiunto Principato sono spariti un computer portatile da 10 pollici e due pendrive da un giga ciascuna. Dentro vi era tutta l’attività di indagine espletata dall’ufficio, tra dichiarazioni di collaboratori di giustizia, informative su Messina Denaro e sulla rete dei suoi possibili fiancheggiatori”.
Punto. Il pubblico ministero a Caltanissetta, Simona Russo, ritiene che l’indagine sia da archiviare perché, a fronte anche del tempo trascorso dal 2015, non è stato possibile accertare né l’effettiva commissione del reato, né di individuarne eventualmente l’autore, considerando che Pulici non ha fornito alcun elemento utile, e ha dichiarato di non nutrire sospetti sul conto di alcuno. E quindi la dottoressa Russo conclude: “Il caso andrebbe chiuso in assenza di elementi concreti e idonei a ritenere sussistente quantomeno il fumus, ovvero il sospetto della commissione del reato di abuso d’ufficio.
Dunque, adesso, il finanziere Carlo Pulici si è affidato all’avvocato ed ex procuratore aggiunto a Palermo, Antonio Ingroia, che si è opposto all’archiviazione, e ha scritto: “Ritengo che la sintetica motivazione dell’archiviazione sia evidentemente fondata su un totale fraintendimento della denuncia di Carlo Pulici. La prima stranezza riguarda l’abuso d’ufficio, perché il reato denunciato è il furto e non un eventuale abuso commesso da qualche magistrato. E poi la richiesta di archiviazione sarebbe inammissibile perché il pubblico ministero avrebbe dovuto iscrivere come persona offesa anche il magistrato Maria Teresa Principato, che certamente avrebbe dovuto essere ascoltata. E poi rilevo il mancato espletamento di atti di indagine finalizzati ad assicurare le fonti di prova. Come ha ammonito la Corte europea per i diritti dell’uomo, il semplice passare del tempo può nuocere all’inchiesta, ma anche compromettere definitivamente le possibilità che questa inchiesta sia portata a termine.
Ebbene, vi sono tutta una serie di attività investigative necessarie che, nel caso di specie, non sono state poste in essere, nonostante i fatti denunciati siano di rilevante gravità. Come si è potuto non indagare sul furto nella stanza di un magistrato di atti investigativi che riguardano Messina Denaro, il latitante che tutti cercano e nessuno riesce a trovare? Nulla fa escludere che un approfondimento dell’indagine sul furto denunciato dal finanziere Pulici potrebbe aiutare a far luce sulle ragioni della mancata cattura negli anni di Matteo Messina Denaro”. In conclusione, l’avvocato Ingroia contesta che la Procura nissena si sia limitata ad ascoltare solo Pulici, e, nell’atto di opposizione all’archiviazione, chiede ai magistrati di ascoltare, oltre a Maria Teresa Principato, anche Francesco Petruzzella, che all’epoca è stato il responsabile del settore informatico della Procura di Palermo, poi il colonnello della Finanza, Francesco Mazzotta, che si occupò delle prime indagini, e l’assistente giudiziario Maria Grazia Palumbo. Anche in tal caso sarà il giudice per le indagini preliminari a decidere.
Angelo Ruoppolo (Teleacras)