Maxi retata antimafia a Palermo nel mandamento di Brancaccio e Ciaculli. Arrestati 31 indagati. I dettagli sulle ipotesi di reato contestate. L’intervento del Giudice per le indagini preliminari.
Nel mirino dei Carabinieri e dei poliziotti della Squadra Mobile, coordinati dalla Procura antimafia di Palermo, è stato il mandamento di Brancaccio e Ciaculli. In carcere 29, e altri 2 indagati sono agli arresti domiciliari. Gli si contestano i reati di mafia, droga, armi ed estorsioni aggravate dal metodo mafioso.
Le indagini sono state avviate nel 2019. L’obiettivo è stato stroncare la riorganizzazione delle famiglie mafiose del mandamento. Sarebbero stati identificati i probabili vertici, gregari e soldati. Tra gli arrestati vi è Antonio Lo Nigro, 43 anni, cugino di Cosimo Lo Nigro, detenuto all’ergastolo, che fu incaricato di reperire l’esplosivo per la strage di Capaci contro Falcone, e fu parte del commando che uccise don Pino Puglisi e organizzò le stragi del 1993. Sono state documentate 50 estorsioni a danno di imprenditori, commercianti e ambulanti abusivi. Uno “sifincionaro” ha trovato i lucchetti bloccati dall’Attak e si è rivolto a uno degli indagati per “mettersi a posto” (tra virgolette).
E così anche un imprenditore edile, per non avere problemi a costruire appartamenti, assicurandosi contro furti, rapine e danneggiamenti. Inoltre sarebbero state imposte le cosiddette “sensalerie”, ovvero delle mediazioni sulle compravendite di immobili nel territorio. I cittadini, per concludere affari immobiliari, sono stati costretti ad accettare l’intermediazione mafiosa con relativa provvigione, ossia l’estorsione. Poi la droga: i clan di Brancaccio e Ciaculli avrebbero gestito sei piazze di spaccio, rifornendosi soprattutto in Calabria, e ricavando dalla vendita al dettaglio circa 80.000 euro alla settimana. E due calabresi sono tra gli arrestati. Nel corso delle indagini sono stati 16 gli arresti in flagranza per detenzione e spaccio di droga. E sono stati sequestrati circa 80 chili tra cocaina, purissima e ancora da tagliare, hashish e marijuana, per un valore sul mercato di oltre 8 milioni di euro.
E poi, ancora nell’ambito dell’inchiesta emerge che vi sarebbe Cosa Nostra dietro il furto di 20 scatole con 16mila mascherine, per rivenderle durante l’emergenza covid. Interessi anche sull’acqua, rubata dalla conduttura “San Leonardo”, di proprietà del “Consorzio di Bonifica Palermo 2”, incanalata nelle vasche mafiose, e rivenduta soprattutto ai contadini per irrigare nelle campagne Ciaculli-Croceverde Giardini e Villabate. E poi la gestione, molto redditizia, di piattaforme di gioco per le scommesse on-line illegali, il cui utilizzo sarebbe stato imposto nel mandamento. E poi a disposizione vi sarebbe stato un arsenale di armi, anche semiautomatiche, che sarebbero nascoste nelle campagne di Ciaculli, e che però sinora non sono state trovate.
Infine è stato sequestrato preventivamente il capitale sociale, i beni aziendali e i locali di un’impresa, per un presunto valore complessivo di circa 350.000 euro, che sarebbe frutto di intestazione fittizia di una rivendita di prodotti ittici, due rivendite di caffè e tre agenzie di scommesse. Il giudice per le indagini preliminari che ha firmato l’ok agli arresti sottolinea la scelta di vita degli indagati come contraria ai fondamenti della libertà democratica e al rispetto delle regole. In tante conversazioni intercettate si usa spesso il termine, in senso dispregiativo, di “sbirro” o “carabiniere”, come se fossero offese. Nel maggio del 2019 uno degli intercettati critica un suo parente perché sua figlia, una bambina, avrebbe partecipato alle iniziative scolastiche per ricordare le stragi di Capaci e via D’Amelio. Lui definisce la figlia del suo parente “sbirra”, e aggiunge che mai lui avrebbe consentito a sua figlia di partecipare. Le sua parole: “E’ una vergogna, non possono immischiare le carte con Falcone e Borsellino”.
Angelo Ruoppolo (Teleacras)