Ho sempre sostenuto che dell’intellettuale come “coscienza critica” ce ne sia ancora bisogno e che la sua estinzione minerebbe la democrazia. Mi sono anche chiesto: dove sono finiti gli anticonformisti, eretici, che con fermezza introducevano dubbi persino alle certezze ideologiche. Forse si sono estinti, essendo figli di di questa società che poco dà in termini culturali e morali? Vorremmo che gli intellettuali fornissero una voce “diversa ” sui grandi temi dell’economia, della politica, del lavoro, della scuola, del sindacato, in un momento in cui la connivenza e la compiacenza sembrano caratterizzare i rapporti dei nostri grandi media con il potere politico. Vorremmo che si facessero da parte i tuttologi, ospiti fissi dei salotti televisivi, i sociologici che periodicamente ci aggiornano sui temi vitali per la società ad esempio l’amore e l’amicizia. Vorremmo che si facessero da parte i filosofi delle stranezze e tutti coloro che sono troppo accondiscendenti nei confronti del potere del mercato. Vorremmo che gli intellettuali, quelli degni di questo nome, costituissero una specie di “fronte” di democrazia pulsante, richiamando l’attenzione su tutti quei problemi che i mass- media tendono a marginalizzare. Viviamo in un mondo privo di sollecitazioni idealistiche. Chi ce la potrà mai fornire una spinta ideale se anche gli intellettuali gettano la spugna. La speranza è che si sveglino ,che si “tuffino” con le loro ferme ingerenze nella politica, che riprendano la capacità di fare pressioni sul potere, rivoluzionando le “idee”. Oggi prevale il silenzio che in una società in crisi come questa è sempre preoccupante perché in questo silenzio diventa assordante il grido scomposto dei populisti e dei demagoghi. Non voglio credere che sono finiti i tempi in cui Pasolini lanciava anatemi contro la televisione e il consumismo; in cui Sartre manifestava con gli operai davanti ai cancelli della Renault; in cui Danilo Dolci Sociologo e attivista della non violenza, soprannominato il Gandhi della Sicilia promuoveva di lotte contro la mafia, la disoccupazione, la fame endemica sospinti dall’assenza dello stato e dalle disparità sociali.
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