Salvatore Sedita confessa e racconta l’uccisione dei genitori a Racalmuto. L’interrogatorio di convalida e la prospettiva della custodia psichiatrica. Nel frattempo il medico legale nominato dalla Procura, Cataldo Raffino, ha eseguito l’autopsia sulle vittime: contro Giuseppe Sedita sono stati inferti 25 colpi di mannaia, e sulla moglie Rosa Sardo 22 colpi.
Lo scorso 14 dicembre, il giorno dopo l’efferato e sanguinoso familicidio a Racalmuto, Salvatore Sedita, 34 anni, è stato arrestato e trasferito nel reparto di Psichiatria nell’ospedale “San Giovanni di Dio” ad Agrigento. E ciò anche perché, interrogato dal pubblico ministero di turno, Gloria Andreoli, e dal procuratore reggente, Salvatore Vella, con a fianco i Carabinieri, lui, Sedita, poche ore dopo avere ucciso i genitori ha farfugliato frasi del tipo: “Quelli non erano i miei veri genitori, vedo fantasmi e strane presenze, faccio uso di droga, di crack”. E poi anche perché il suo difensore, l’avvocato Ninni Giardina, ha confermato che lui fosse in cura psichiatrica da tempo perché sofferente di patologie psichiche. Adesso, dopo le cure che gli sono state prestate in ospedale, Salvatore Sedita è stato ascoltato in occasione dell’interrogatorio di garanzia, ovvero di convalida dell’arresto, innanzi al giudice per le indagini preliminari del Tribunale. E ha reso una lucida confessione sull’uccisione a colpi di mannaia di suo padre, Giuseppe Sedita, 66 anni, operaio forestale, che la sera del 13 dicembre avrebbe festeggiato il pensionamento a cena con familiari e amici, e di sua madre, Rosa Sardo, 62 anni.
E tra l’altro si è espresso così: “Non sono stato accettato. Dopo la separazione da mia moglie, sono tornato a vivere a casa. Ma loro mi volevano mandare via. Mio padre non mi ha più accompagnato a Canicattì per sottopormi alla somministrazione di un importante farmaco. Ho colpito prima mia madre con la mannaia conservata in una borsa frigo in camera da letto. Gliel’ho conficcata nel collo, ma è rimasta viva. Ho continuato anche quando ho capito che erano morti dando dei colpi secchi alle mani. Quando ho capito che non respiravano più ho inferto altri colpi per tranciargli le mani”. Il procuratore Vella ha proposto un incidente probatorio per, tecnicamente, “cristallizzare la prova non ripetibile”, ovvero per accertare in contraddittorio tra tutte la parti in causa le condizioni psichiatriche di Salvatore Sedita. Sia la Procura agrigentina che l’avvocato Giardina ritengono opportuno che sia collocato cautelativamente in un reparto di psichiatria. Si tratta dell’applicazione dell’articolo 286 del codice di procedura penale, in cui si legge: “Se la persona da sottoporre a custodia cautelare si trova in stato di infermità di mente che ne esclude o ne diminuisce grandemente la capacità di intendere o di volere, il giudice, in luogo della custodia in carcere, può disporre il ricovero provvisorio in idonea struttura del servizio psichiatrico ospedaliero, adottando i provvedimenti necessari per prevenire il pericolo di fuga. Il ricovero non può essere mantenuto quando risulta che l’imputato non è più infermo di mente. Se il giudice ritiene cessato lo stato di infermità mentale, procede disponendo la custodia in carcere senza necessità di apposita richiesta del pubblico ministero”.
Angelo Ruoppolo (Teleacras)