Indagini in corso sulle 5 carte d’identità trovate nel covo di Matteo Messina Denaro. Il procuratore di Palermo, Maurizio De Lucia, replica alle speculazioni sulla cattura del boss.
Sono 5 le carte d’identità contraffatte trovate nel covo di Matteo Messina Denaro in vicolo San Vito 4 a Campobello di Mazara, dove si è nascosto dal giugno 2022 alla mattina di lunedì 16 gennaio scorso. I documenti, tutti con la foto tessera del capomafia, sono intestati ad altrettante persone in vita e incensurate, delle quali il boss ha usato le identità per un periodo di almeno 15 anni. E dunque, a garantire al boss latitanza e libertà, sfruttando altre generalità, non è stato solo il geometra campobellese Andrea Bonafede, già arrestato. Indagini sono in corso per accertare se gli altri “Messina Denaro” (tra virgolette) siano stati a conoscenza della contraffazione delle proprie carte d’identità. E non solo: alcune persone si sono presentate ai Carabinieri sostenendo di essersi incontrate con Messina Denaro, ad esempio nella clinica “La Maddalena”, ignorando che si trattasse del boss. Anche una donna ha raccontato di una relazione con lui, ignara della sua reale identità.
Nel frattempo il procuratore di Palermo, Maurizio De Lucia, ha colto l’occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario in Sicilia per replicare alle speculazioni sull’arresto di Matteo Messina Denaro, tra congetture e illazioni su trattative e consegne. De Lucia ha affermato: “Facciamo i processi e poi la gente potrà giudicare cosa è accaduto il 16 gennaio, quando è stato raggiunto un risultato storico, un successo che lo Stato ha il dovere di rivendicare senza dietrologie e speculazioni. Ho sentito voci cominciate subito dopo la notizia dell’arresto di Messina Denaro. Non c’è stato nemmeno il tempo di ringraziare le forze dell’ordine che già sentivamo di ombre sull’attività investigativa condotta. Ciascuno può fare i commenti che vuole, ma le speculazioni devono fermarsi davanti ai fatti. L’indagine che ha portato alla cattura di Matteo Messina Denaro è stata impeccabile, svolta con strumenti tecnici, e non c’è elemento di fatto che dica il contrario. Negli atti ci sono i fatti, e i fatti sono duri da contestare con le opinioni. Tutti possono esprimerne, d’altronde esistono anche i ‘terrapiattisti’, ma restano i fatti”.
E poi, in analisi e prospettive, Maurizio De Lucia ha aggiunto: “Cosa Nostra è in un’oggettiva e profonda difficoltà che deriva anche dalle indagini che hanno portato all’arresto del boss Messina Denaro. Ma la mafia è tutt’altro che sconfitta. Le evidenze investigative ci raccontano dell’esistenza di una grossa tensione tra le cosche che vorrebbero tentare l’ennesima ricostituzione della sua struttura centrale, la ‘Cupola’, per usare un termine entrato nel linguaggio comune. I processi e le indagini dimostrano l’impegno delle forze e dell’ordine e dei magistrati che hanno tamponato finora questi tentativi. Ma oggi la mafia cerca di colmare i vuoti lasciati dal latitante e dai suoi affiliati. Stiamo attenti a non far passare un messaggio sbagliato” – conclude. Ed ancora in riferimento alla rete di protezione che è stata cucita per 30 anni intorno a Messina Denaro, il presidente della Corte d’Appello di Palermo, Matteo Frasca, nel corso della sua relazione ha sottolineato: “L’inquietante rete di protezione a diversi livelli di cui ha beneficiato il latitante Matteo Messina Denaro, senza la quale non avrebbe potuto sottrarsi per così lungo tempo alla cattura, impone seri interrogativi e apre scenari per certi versi inesplorati sul grado di penetrazione di Cosa Nostra nel tessuto sociale e istituzionale”.
Angelo Ruoppolo (Teleacras)