Sanità malata gravemente ad Agrigento. Dopo il primario di Ortopedia, ora vanno via pure tre medici. Ne restano solo due, nessuno per la sala operatoria . Per gli interventi chirurgici si dovrà ricorrere al primario dell\’ ospedale di Sciacca e solo tre volte a settimana. La fuga di medici fa il paio con le dimissioni del primario del pronto soccorso, la rinuncia di un altro, e l\’addio di cinque medici gettonisti chiamati in servizio solo per l\’estate. I medici di cardiologia avevano pure dato man forte, con il dottor Caramanno in testa, dimostrando che basta una buona organizzazione e personale sufficiente per dare risposte. Ora sì è piombati di nuovo nel caos, come era prevedibile.
Sette in poco tempo i medici dimissionari. I reparti sono sguarniti e fare consulenze e ricoveri è complicatissimo. I ritardi si accumulano e i pazienti rimangono senza risposte per ore. Un esempio? In Medicina non c’è medico di notte; in Neurologia il medico è fino alle 14; la Stroke Unit, fondamentale per salvare chi è colpito da ictus, è attiva solo fino alle ore 14: chi si sente male dopo quell\’ora deve sperare di arrivare a Caltanissetta. In Urologia i medici sono fino alle 16 e la domenica non c\’è nessuno; in ortopedia, con 4 medici in meno. Inoltre la direzione ha stabilito che i traumi dei bambini dovranno essere valutati in pronto soccorso e non in ortopedia, facendo impazzire i genitori per le lunghe attese. Questo è l\’ ospedale di Agrigento, una realtà allo sbando, una gestione irresponsabile. Le soluzioni che riescono a trovare sono il ricorso ai medici stranieri, soluzioni tanto sbandierate dalla Giunta regionale che pongono non pochi problemi di natura contrattuale, anche sotto il profilo delle competenze. Mancano medici e il numero chiuso in medicina è un controsenso intollerabile. Ma il vero problema ad Agrigento è rappresentato dalle carenze di programmazione degli ultimi anni con una linea di mangement politicizzata e arrogante. Il personale medico e paramedico costretto assai spesso a condizioni impossibili. Reparti che rivendicavano perfino l\’essenziale per poter lavorare e per assicurare standard minimi di assistenza ai malati. Queste dimissioni in massa sono un manifesto di protesta: dicono BASTA perché c\’è un limite a tutto .