La Cgil regionale denuncia: “Nell’ambito del Piano nazionale di ripresa e resilienza, e non solo, tagliate risorse per quasi 5 miliardi di euro alla Sicilia”. L’intervento di Alfio Mannino.
Secondo la Cgil siciliana ammontano a quasi 5 miliardi di euro le risorse sottratte alla Sicilia dal governo Meloni nell’ambito del Piano nazionale di ripresa e resilienza e non solo. Ed è – sottolinea il sindacato – una ulteriore batosta su una regione martoriata da indici di povertà e di disoccupazione elevati, infrastrutture e servizi carenti, e settori fondamentali come la sanità in profonda crisi. A testimonianza di ciò la Cgil ha presentato un dossier intitolato “Governo Meloni quanto ci costi”.
E il segretario regionale, Alfio Mannino, denuncia: “Il governo taglia ingenti risorse alla Sicilia, peraltro nel silenzio e con l’assenso del governo regionale, impegnato solo ad occupare spazi di potere. Inevitabile è a questo punto la mobilitazione, alla quale sollecitiamo a partecipare il più ampio fronte di soggetti e associazioni, per difendere e affermare i principi della nostra Costituzione, in Sicilia ampiamente traditi, a partire dai diritti al lavoro e alla salute”.
E poi Mannino aggiunge: “Il taglio di oltre 4,8 miliardi conferma che siamo in presenza di un governo che non guarda alla fragilità economica e sociale della Sicilia e del Mezzogiorno. Inoltre, se va in porto l’autonomia differenziata, la Sicilia perderà un ulteriore miliardo e mezzo all’anno. A ciò si sommano la decurtazione del Fondo di sviluppo e coesione per 1 miliardo e 400 milioni, destinati in origine a infrastrutture, dissesto idrogeologico e interventi di coesione sociale, e adesso dirottati a finanziare il Ponte sullo Stretto di Messina.
E poi si sommano ancora al taglio del reddito di cittadinanza che non farà arrivare nell’Isola 614 milioni, il mancato gettito fiscale pari a 150 milioni che lo Stato avrebbe dovuto trasferire alla Sicilia, e, inoltre, i 150 milioni in un triennio come risarcimento dei costi dell’insularità, previsti dal Documento di economia e finanza di aprile e scomparsi nell’attuale Finanziaria”.
E il segretario Cgil rileva: “La situazione dell’Isola dovrebbe suggerire investimenti, non tagli. Con le misure del governo, che sono un gioco delle tre carte di segno antimeridionalista, avremo meno servizi, meno risorse per affrontare le emergenze sociali, le infrastrutture interne resteranno carenti, e ci sarà più povertà in una regione che oggi, a causa di disoccupazione e di lavoro povero, soffre particolarmente il peso dell’inflazione e che, molto probabilmente, vedrà la situazione peggiorare nel 2024”.
aIl sindacato ricorda nel dossier che “il reddito medio lordo disponibile in Sicilia è di 14.764 euro annui, tra i più bassi d’Italia (media nazionale 19.753 euro). E che “la Sicilia è la seconda regione per bassa intensità di lavoro, ovvero: in molte famiglie si lavora un numero di mesi inferiore a quello che si dovrebbe”. Il dossier punta il dito anche contro le carenze del sistema sanitario, con meno posti letto rispetto al resto d’Italia, meno infermieri, un tasso di emigrazione sanitaria in altre regioni del 6,2%, e una quota di persone che rinuncia alle cure, principalmente per motivi economici o per le difficoltà di accesso al servizio, pari al 7,2%.
Giuliana Miccichè