Lucchese non è imprenditore mafioso: restituiti supermercati Conad e Todis

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La Corte d’Appello di Palermo restituisce beni per 150 milioni di euro, compresi 12 punti vendita, al “Re dei supermercati”, Carmelo Lucchese. I dettagli.

La Corte d’Appello di Palermo ha ribaltato il verdetto di primo grado, ha revocato i sequestri e ha restituito i beni all’imprenditore palermitano Carmelo Lucchese, 58 anni, compresi 12 supermercati a marchio Conad e Todis. Il collegio giudicante, presieduto da Aldo De Negri, spiega: “Non può ritenersi che la società Gamac, che comprende i supermercati di Lucchese, abbia assunto i tratti caratteristici dell’impresa mafiosa in senso tecnico, con la conseguente compromissione del suo intero patrimonio”. I supermercati sono stati sequestrati il 17 febbraio 2021 con confisca il 19 maggio 2022, sono in attività in amministrazione giudiziaria, e adesso rientrano nella titolarità dell’imprenditore. Si tratta dei Conad a Palermo in viale Michelangelo 2200, via Argento 32, via Sunseri 6, poi Carini strada statale 113, Bagheria via Passo del Corretto, Bolognetta strada statale 121, San Cipirello contrada Bassetto.

E poi i Todis a Bagheria in via Papa Giovanni XXIII, a Palermo in via Re Federico 20, corso Finocchiaro Aprile 195 e via Capricorno 9, e a Termini Imerese al centro Himera. A puntare il dito contro Carmelo Lucchese è stato tra gli altri il collaboratore della giustizia di Bagheria, Sergio Flamia. Ha raccontato di rapporti dell’imprenditore con boss bagheresi di rilievo e con alcuni favoreggiatori della latitanza di Bernardo Provenzano ai quali avrebbe prestato un suo appartamento come covo, tanto da essere stato esonerato dal pagamento del pizzo fino al 2011. Ebbene nel corso delle indagini è stata confutata l’ipotesi dell’appartamento destinato a Provenzano, ed è stata smentita l’immunità al pizzo. Peraltro tra il 2003 e il 2019 si sono contate numerose denunce per furti, incendi di automezzi e rapine subite dalla Gamac, e perfino il tentato omicidio di due dipendenti. Lucchese è stato costretto ad ingenti spese per dotare i supermercati di sistemi di sicurezza.

I difensori, gli avvocati Giovanni Di Benedetto, Rosanna Vella, Pierpaolo Dell’Anno e Giuseppe Murone, hanno puntato tutto sulla ricostruzione economica del patrimonio dell’imprenditore. Lo stesso Sergio Flamia ha negato che la mafia avesse investito soldi nei supermercati di Lucchese. E la relazione di un consulente, Adriano Cataldo, ha confermato che ogni punto vendita ha avuto negli anni una sua sostenibilità autonoma. Nel dettaglio, dall’analisi degli investimenti è emerso che su 8.300.000 euro spesi, 7.700.000 euro sono derivati da prestiti bancari, leasing o dagli stessi marchi nazionali. Gli stessi amministratori giudiziari che hanno gestito i supermercati durante il sequestro hanno certificato la loro piena autosufficienza imprenditoriale, senza condizionamenti esterni. Il dissequestro disposto dai giudici di secondo grado interessa anche altri beni per un valore complessivo stimato in 150 milioni di euro. Pertanto si tratta di una sentenza “pilota”, che sancisce un orientamento giurisprudenziale, ovvero la distinzione da una parte dei rapporti di conoscenza con i boss e la contiguità con Cosa Nostra, e dall’altra l’essere un imprenditore mafioso.

Angelo Ruoppolo (Teleacras)

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