Il giorno di Rosario Livatino

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Ricorre il 34° anniversario dell’omicidio di Rosario Livatino, ucciso dagli ‘Stiddari’ forse manipolati da ‘Cosa nostra’: le testimonianze di Croce Benvenuto e Puzzangaro.

34 anni addietro è stato ucciso Rosario Livatino, a 22 anni laureato in giurisprudenza, assassinato a 38 anni, che avrebbe compiuto il 3 ottobre, se il 21 settembre 1990 non fosse stato inseguito da Gaetano Puzzangaro, “a musca”, lungo la scarpata dove poi è sorta una lapide a perenne memoria. Un tempo, in contrada Gasena, poco fuori Agrigento, a posare un fiore sono stati il padre e la madre del giudice ragazzino, che anche Papa Wojtyla incontrò in visita ad Agrigento, il 9 maggio del ’93, in una saletta del Vescovado. L’avvocato Vincenzo Livatino e Rosalia Corbo sono morti, ma il rituale della corona sul luogo dell’omicidio lo si ripete sempre. Salvatore Cardinale, uno dei colleghi, pianse sul lenzuolo bianco che riparò il cadavere tra le sterpaglie bruciate dal sole il primo giorno d’autunno. Giovanni Paolo secondo ha definito Livatino “Martire della Giustizia e indirettamente della Fede”. Nel ’93 il vescovo di Agrigento, Carmelo Ferraro, ha incaricato Ida Abate, che del giudice fu insegnante, della raccolta delle testimonianze per la causa di beatificazione. Il 19 luglio 2011 è stato firmato dall’arcivescovo di Agrigento, Francesco Montenegro, il decreto per l’avvio del processo diocesano di beatificazione, poi concluso il 9 maggio del 2021, nell’anniversario della visita di Papa Woytyla ad Agrigento. Il 23 settembre 2009 a Roma il ministro Angelino Alfano ha intitolato la Sala Verde del ministero della Giustizia a Rosario Livatino. Al testimone oculare del delitto, Pietro Ivano Nava, costretto alla fuga dal lavoro e dalla famiglia per avere testimoniato, è stata assegnata una medaglia d’oro al valore civile. Tra gli appunti del giudice Livatino si legge : “Quando moriremo nessuno ci verrà a chiedere quanto siamo stati credenti, ma credibili”. Gli stiddari che hanno ucciso Livatino sarebbero stati inconsapevolmente gioco di Cosa Nostra, che li avrebbe manipolati. Peppe Croce Benvenuto ha raccontato a Carmelo Sardo nel suo libro ‘Cani senza padrone’: “Quando furono condannati per una rapina gli stiddari Antonino Gallea e Giovanni Calafato, i boss di Cosa Nostra di Canicattì, Ferro e Guarneri, ci incoraggiarono a uccidere Livatino. E ci dicevano: ‘Ragazzi, fate paura, siete forti e i magistrati lo hanno capito, vi temono e stanno preparando la guerra contro di voi: vi arresteranno, vi processeranno, vi condanneranno e butteranno le chiavi. Livatino ha un chiodo fisso, eliminare gli stiddari”. E Gaetano Puzzangaro così ha raccontato a Fabio Marchese Ragona per ‘Panorama’: “Io non sapevo nemmeno chi fosse Rosario Livatino. Ho saputo di lui poco prima della sua uccisione. Ci era stato detto che il dottor Livatino aiutava altre persone contro di noi, che veniva contro i giovani. E noi ci abbiamo creduto. Ho testimoniato per la causa di beatificazione di Livatino perché era doveroso. Oggi mi farei ammazzare piuttosto che rifare ciò che gli ho fatto! E lo prego ogni domenica a Messa. Il mio più grande rimorso? Non aver avuto il coraggio di chiedere scusa ai suoi genitori”.

Angelo Ruoppolo (Teleacras)

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