Di Enza Maria Agrusa
“È ormai evidente che denunciare non basta. Ogni storia di femminicidio è una testimonianza di disuguaglianza di genere che ancora pervade le relazioni e le strutture sociali. Fino a quando questa mentalità non verrà radicalmente scardinata, continueremo a leggere le stesse notizie e a discutere degli stessi problemi, senza mai giungere a una vera svolta”. Lo afferma con amarezza Luisella Lionti, Segretaria generale della Uil Sicilia, riportando l’esperienza di chi, come tante altre donne, ha cercato aiuto trovando solo risposte inadeguate. In Italia, i casi di femminicidio e violenza di genere si moltiplicano, in una tragica quotidianità che sfugge a ogni argine, nonostante le leggi esistenti. “Ogni due giorni,” dice Lionti, “una donna viene uccisa da un compagno o da un ex, mentre ogni giorno decine di donne denunciano stalking, violenza fisica o psicologica alle autorità. Eppure, molte di queste denunce finiscono nel vuoto, trasformando le vittime in numeri e statistiche, senza che ci sia la certezza della pena per i responsabili.
I dati statistici sono impietosi: sono sempre di più le donne che vengono uccise per mano di un partner o ex partner. Decine di denunce quotidiane alle forze dell’ordine riguardano nelle maggior parte dei casi, reati di stalking, minacce e violenze. Spesso tali denunce, non trovano un’adeguata risposta . “È sempre la stessa storia,” prosegue ancora Lionti, “ne parliamo con enfasi per un giorno o due, poi tutto si affievolisce, fino alla prossima vittima di femminicidio.” La società sembra ormai quasi assuefatta a questa tragedia, altri fatti di cronaca nera destinati a riempire i notiziari per poco tempo, mentre dietro ogni statistica c’è una vita spezzata, una comunità che ha sostanzialmente fallito.
“Il sistema legale, pur dotato di leggi e protocolli, presenta gravi falle nella sua applicazione. Non è raro che una donna denunci più volte atti persecutori prima di ottenere misure di protezione efficaci. “Quante volte sentiamo di donne che si erano già rivolte alle forze dell’ordine prima di essere uccise?”, si domanda ancora la segretaria generale della UIL Sicilia .
Ma il problema va oltre il piano giudiziario: è anche decisamente culturale. La violenza di genere ha radici profonde in una mentalità ancora arcaica e sessista, che vede la donna come “proprietà” dell’uomo. Questa mentalità retrograda si insinua, talvolta in modo latente, nelle azioni di uomini incapaci di accettare un rifiuto o una separazione. È una cultura che ostacola ogni tentativo di cambiamento, rallentando gli interventi legislativi e sociali.
“La radice del problema è lì, in una cultura che non evolve,” ribadisce Lionti. “È come se fosse ancora accettabile che un uomo, dopo aver conquistato una donna, possa disporne come vuole.” Finché questa mentalità non cambierà alla radice, la violenza sulle donne continuerà a ripetersi. Serve una svolta decisiva. Non possiamo più restare fermi, dobbiamo smettere di trattare la violenza sulle donne come un’emergenza e affrontarla come una battaglia strutturale, che coinvolga tutti.” Anche il modo in cui i media trattano le storie di violenza necessita di un cambiamento radicale. Ogni vittima infatti aveva una storia e una famiglia, e merita pertanto rispetto. “Quante volte uomini accusati di persecuzioni finiscono agli arresti domiciliari?”, si chiede con rabbia Lionti. “È uno schiaffo alla giustizia e alle vittime, che si ritrovano a vivere nella paura nonostante le denunce.”
Affrontare la realtà della violenza sulle donne richiede un impegno collettivo, che superi le parole e gli slogan. Solo con la volontà di trasformare una cultura obsoleta e pericolosa in una cultura di rispetto e parità potremo sperare in un cambiamento duraturo. “La battaglia contro la violenza sulle donne è una battaglia di tutti. Non basta che una donna su cento denunci; è necessario che tutte si sentano protette, ascoltate e supportate. Solo così potremo sperare in un futuro libero da questa piaga sociale” conclude Luisella Lionti.