Annamaria Martorana ha incontrato da vicino il segretario provinciale della Cgil Alfonso Buscemi. Diversi i temi affrontati.
Segretario, siamo ad un anno esatto dall’inizio di una pandemia che sta intaccando tutti i settori della vita pubblica e privata dei cittadini ma che sta avendo un impatto devastante per l’economia di tutti i settori. Quali sono le criticità del territorio agrigentino?
”Guardi, certamente la crisi da covid è terribile con esercenti ed attività produttive chiuse ha sostanzialmente azzerato l’economia locale. Aggiungo, però, che noi paghiamo un costo no-covid che è il dramma degli ultimi 25/30 anni di un’arretratezza della nostra provincia. Noi abbiamo problemi, rispetto all’economia, che sono strutturali e non è un caso che poco più di un anno addietro, il 25 gennaio del 2020, prima del Covid, come Cartello sociale composto da Cgil, Cisl e Uil e la Chiesa, avevamo denunciato il gap infrastrutturale con una provincia che non aveva un kilometro di strade ed eravamo circondati da cantieri aperti da decenni. Un elemento che ha condannato e condanna la nostra provincia ad un’arretratezza sotto gli occhi di tutti e che ci vede spesso in fondo ad ogni classifica per qualità della vita, servizi ed infrastrutture”.
Insieme a questo gap infrastrutturale ci sono drammi legati anche al mondo dell’agricoltura che per anni ha assorbito e dato lavoro ad un intero comparto….
“Certo, questo succede perchè noi che abbiamo un’agricoltura di qualità, poi non siamo competitivi per arrivare nei luoghi dove i nostri prodotti devono trovare la loro destinazione finale e cioè della vendita al consumatore finale sia italiani che internazionali. Altra eccellenza che viene penalizzata dalla nostra arretratezza infrastrutturale, a cui il Covid ha dato il colpo di grazia, è la cultura, il nostro clima, le nostre bellezze naturali. Noi non abbiamo porti, aeroporti e strade, cosa che ci condanna a dovere ricorrere ai sussidi per sopravvivere”.
A proposito di infrastrutture, a che punto siamo in provincia con le opere incompiute e con i cantieri ancora da aprire?
“In primo luogo, voglio sottolineare che la sterzata che c’è stata dopo il 25 gennaio del 2020 con la grande manifestazione per il territorio, ha spinto il vice ministro alle infrastrutture Cancelleri a muoversi affinchè alcuni cantieri chiusi da anni o sospesi venissero riconsegnati alla collettività. Parlo del Ponte Petrusa e la Galleria Spinasanta, il rilancio della 640 con l’ultimazione di alcuni tratti. Inoltre sono stati assegnati i lavori per il ponte sotto Milena, laddove non c’era neanche un progetto e dove l’Anas aveva deciso di lasciarlo con un semaforo da oltre 6 anni e sul versante di Sciacca, si sono consegnati un paio di cantieri. Ma ovviamente c’è ancora tantissimo da fare”.
Parliamo di precariato. Con le recenti stabilizzazioni al Libero Consorzio di Agrigento (ex provincia), si è quasi messa la parola fine a questa oltre ventennale anomalia del mondo del lavoro. Cosa è rimasto da fare?
“Finalmente nella nostra provincia è rimasto molto poco, per fortuna da fare. Sostanzialmente sono rimasti da stabilizzare un paio di Comuni che stanno affrontando uno stato di dissesto economico e i precari dell’Ecua, il Consorzio Universitario (ex Cupa) dove una decina di lavoratori precari dove, anche qui per responsabilità della Regione Siciliana, non riescono ad essere stabilizzati. Devo dire che il neo presidente dell’Ecua Mangiacavallo, ci ha dato disponibilità massima, ci siamo incontrati diverse volte. Abbiamo appurato che ci sono bilanci consuntivi fermi al 2019 e stanno aspettando che la Regione si decida a nominare il Consiglio dei Revisori dei conti. Noi come Cgil Sicilia abbiamo sollecitato all’assessore Armao la nomina di competenza perchè senza di questo non si approvano i bilanci e senza i bilanci non si possono fare tutti gli atti propedeutici che porterebbero alla stabilizzazione di questi lavoratori”.
Lei prima parlava dei tesori della nostra terra. Il turismo è in agonia, quale può essere la ricetta per risollevarlo?
“Noi abbiamo una grande opportunità che sono le risorse del Recovery Fund e io mi auguro che ci sia davvero una personalità all’altezza della sfida perchè così come stiamo messi al momento non siamo preparati. Queste risorse vanno programmate, pianificate e spese con il contributo determinante della pubblica amministrazione che io affermo non essere, ad oggi, nelel condizioni di farlo al menglio perchè non ci sono le professionalità adatte”.
In che senso?
“Abbiamo avuto un blocco delle assunzioni per un ventennio circa e quindi non abbiamo più ingegneri o tecnici in genere compresi ragionieri all’interno delle autonomie locali oltre che della pubblica amministrazione più in generale. Non solo, noi abbiamo stimato come Cgil, che nel prossimo biennio nel sistema del lavoro pubblico andranno in pensione circa 600mila persone, quindi necessita programmare con urgenza, un’immissione in servizio di lavoratori, di giovani, di tecnici, che siano in grado di sviluppare quei progetti utili a fare uscire la nostra provincia dall’arretratezza in cui ci troviamo”.
Segretario, cosa chiede la gente che si rivolge al sindacato in questo ultimo anno con la pandemia che ha inciso sul lavoro e sul bilancio delle famiglie?
“Ma guardi, è triste ammettere che viene meno persino quella che un tempo era la domanda principale e cioè se c’erano posti di lavoro in giro e dove. Purtroppo, questo indica la rassegnazione che c’è in questo territorio perchè dimostra, qualora ce ne fosse bisogno, che le poche attività che avevano la capacità di dare posti di lavoro, oggi sono venuti meno”.
Cosa sta facendo la Cgil in questo senso?
“Nei prossimi giorni, inaugureremo uno sportello dedicato a questi lavoratori atipici chiamato Nidil e abbiamo anche messo in campo lo sportello Sol, lo sportello Orienta Lavoro, un servizio in più che noi sentiamo di volere offrire alla nostra collettività perchè è chiaro che bisogna ripartire con l’occupazione e aiutare questi ragazzi a capire dove, come e quando presentarsi per offrire la propria disponibilità”.
La Cgil agrigentina e lei in prima persona, vi siete spesi affinchè una delle pagine più buie della gestione della cosa pubblica legata alla sanità, trovasse soluzione. Mi riferisco alle commissioni per le invalidità civili, impantanate in pastoie tali da impedire spesso ai malati di ottenere i benefici di legge prima di morire.
“E’ la verità. Poco tempo addietro, abbiamo avuto un’intuizione formidabile grazie purtroppo, ai tanti cittadini che subivano i disservizi legati alle commissioni mediche per le invalidità civili. Ad Agrigento si è arrivati ad un ritardo che sfiorava i 2 anni. Si capisce bene che chi chiede di accertare un’invalidità civile sono malati gravissimi che spesso non riuscivano nemmeno a sopravvivere al riconoscimento dei benefici di legge, come ha giustamente detto lei, dalla legge 104 all’accompagnamento, dai presidi antidecubito, pannoloni e altro”.
Come siete intervenuti?
“Noi abbiamo fatto una proposta che ha trovato l’appoggio del commissario dell’Asp di Agrigento, Mario Zappia di non lasciare più che le commissioni fossero formate da medici volontari che si riunivano una volta al mese con le conseguenze che abbiamo visto. Abbiamo insediato da qualche settimana 5 commissioni con medici che fanno solo questo. Dunque tutti giorni una commissione si riunisce sia di mattina che di pomeriggio convocando una ventina di malati. Dal primo febbraio queste commissioni vanno a pieno regime con un grande riconoscimento a questi medici e al personale amministrativo di queste commissioni che hanno accettato di occuparsi in pianta stabile di questo servizio. Di questo un grazie va al dottore Mario Zappia e al dottore Ercole Marchica per avere ascoltato le nostre richieste e collaborato fortemente affinchè una situazione assurda trovasse soluzione”