Corruzione e mazzette al Provveditorato Opere pubbliche per la Sicilia. Un indagato vuota il sacco e collabora con i magistrati. I primi verbali degli interrogatori.
Antonio Casella, geometra e geologo, funzionario dipendente del Provveditorato alle Opere pubbliche per la Sicilia, è detenuto ai domiciliari dallo scorso 7 maggio. E con lui sono stati arrestati altri tre dipendenti, tutti ingegneri, Claudio Monte, Carlo Amato e Francesco Barberi. Perché? Corruzione. Mazzette. Adesso Casella ha saltato il fosso, vuota il sacco e racconta presunte “malandrinerie”, tra colleghi e imprenditori, che sarebbero state commesse a Palermo, negli uffici del Provveditorato alle opere pubbliche, a ridosso del teatro Massimo. Antonio Casella è ascoltato dai magistrati della Procura di Palermo titolari dell’inchiesta, cosiddetta “Cuci e scuci”, coordinata dal procuratore aggiunto Sergio Demontis. Il collaboratore conferma quanto indagato e ricostruito dai poliziotti della sezione “Reati contro la pubblica amministrazione” della Squadra Mobile di Palermo. Ovvero: appalti cuciti addosso agli imprenditori pronti a pagare le mazzette. E le indagini sono state intraprese a seguito della denuncia di un imprenditore, Gaetano Debole, che non si è piegato al ricatto delle tangenti. Il 4 dicembre del 2017 Barberi, Casella e Monte sono insieme in ufficio, hanno appreso che un imprenditore collabora con i magistrati, e sospettano del “traditore” (tra virgolette). Barberi: “Questo che c’ha la fissa del…”. E Casella aggiunge: “La fissa del paladino della giustizia”. E Monte ribatte: “Ma magari gli sparassero”. Poi Casella racconta dettagli sui metodi corruttivi usati: “Sono stato io a dire all’imprenditore aggiudicatario dei lavori di messa in sicurezza di una scuola a Casteldaccia che, sia io che Claudio Monte, eravamo disponibili a falsificare gli atti contabili in modo da fare realizzare all’imprenditore delle plus valenze che poi ci avrebbe in parte restituito sotto forma di tangenti”. Dunque, non sarebbe stato l’imprenditore compiacente a pagare il prezzo della mazzetta, ma lo Stato, che, con gli atti contabili falsificati, avrebbe sborsato per i lavori più soldi dei necessari. E poi Casella prosegue: “Claudio Monte concordò con me l’entità della somma, 5.000 euro, da chiedere. Successivamente comunicai all’imprenditore un primo incremento della tangente a 6.500 euro, e poi Monte lo incrementò fino a giungere a 8mila euro”. Poi i magistrati domandano: “Come sono stati falsificati gli atti contabili, come sono stati gonfiati i costi per creare la provvista di denaro necessaria per la tangente?”. E Antonio Casella risponde: “Alcune volte abbiamo aumentato i quantitativi nel senso che se per una lavorazione era necessario eseguire un metro quadrato ne contabilizzavamo dieci metri quadrati…”. “E io pago”, commenterebbe Totò. Poi Casella conferma, come sostenuto dagli investigatori, il pagamento di tangenti per lavori in una scuola a Centuripe, in provincia di Enna, e racconta: “Io con il mio collega Carlo Amato abbiamo inserito voci fittizie di alcune lavorazioni della parte strutturale. La somma pattuita con i titolari dei lavori era 5.000 euro, come emerge da alcune intercettazioni, ma io non ho ricevuto la mia parte”. Nell’ambito dell’inchiesta, due dipendenti dello stesso Provveditorato, l’architetto Antonino Turriciano e l’assistente geometra Fabrizio Muzzicato, sono stati sospesi per un anno dal Tribunale di Palermo. Su Fabrizio Muzzicato, Casella racconta: “Era a conoscenza ma lo stesso si limitava a ricevere parte delle somme che noi gli corrispondevamo a titolo di regalia, senza che lo stesso avesse preso parte all’accordo corruttivo”. Altre volte le tangenti sono state mascherate sotto forma di consulenze esterne che gli imprenditori aggiudicatari dei lavori avrebbero assegnato ai dipendenti del Provveditorato. E Casella ricorda il caso della costruzione della caserma dei Carabinieri a Capaci, e racconta: “Ho ricevuto dall’imprenditore titolare dei lavori due volte 500 euro come consulenze private da me svolte. E io ho ricambiato adoperandomi per occultare dei lavori non eseguiti, per evitare il collaudo a conclusione dell’opera, e per affidargli altre tranche di lavori”. Infine, Antonio Casella svela come al Provveditorato delle opere pubbliche si trufferebbe speculando sul rimborso delle missioni. E spiega: “Oltre al nostro stipendio base, ai funzionari del Provveditorato è garantito un corrispettivo quando svolgono ulteriori mansioni nei vari cantieri. Ed è un modo per arrotondare, e di parecchio, lo stipendio. Ad esempio, ricordo che per un appalto che ho seguito, l’ufficio ha chiesto in mio favore un incentivo per il ruolo di direttore operativo pari a 1600 euro, ma ammetto di essere andato in cantiere solamente in una occasione”.
Basterebbe che la finanza si infiltrasse sotto copertura nel giro degli appalti pubblici immagino per vederne delle belle