Dalla Sea Watch alla guerra social

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Dal caso “Sea Watch” inediti risvolti sui social, da Alessandra Vella a Carola Rackete fino a Davide Faraone, che scopre, elenca i diffamatori e li querela.

La giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Agrigento, Alessandra Vella, ha cancellato il proprio profilo su Facebook, per ragioni non ufficialmente dichiarate ma facilmente intuibili. La comandante della “Sea Watch”, Carola Rackete, si è rivolta alla Magistratura e pretende l’oscuramento dei profili social del ministro dell’Interno, Matteo Salvini, perché i contenuti pubblicati istigano all’odio nei suoi confronti e la espongono al pericolo dell’aggressione fisica. Il segretario regionale del Partito Democratico, Davide Faraone, anche lui coinvolto nel caso “Sea Watch” perché salito a bordo della nave prima che la Rackete sfondasse il blocco italiano, non ha invece cancellato nulla. Lui, Faraone, ha formato una squadra di cercatori, soprattutto avvocati, una “task force”, che cercano sulla sua pagina Facebook, e sulla pagina Facebook del Partito Democratico Sicilia, i molestatori, i diffamatori e i minacciatori, li elencano e li querelano. Della serie: “Ripeterete innanzi ad un Giudice ciò che avete scritto nascondendovi dietro ad un computer”. Amen. Davide (Faraone) contro Golia. Il gruppo di lavoro è all’opera, ed ha già catalogato oltre 1000 interazioni, tra commenti e messaggi privati, che contengono frasi e immagini offensive. E ad oggi lunedì 15 luglio sono pronte 16 denunce-querele penali contro soggetti individuati, 46 verso profili anonimi, 5 giudizi civili ordinari, e 4 giudizi civili sommari. E lo stesso Davide Faraone spiega. “Il nostro obiettivo è quello di ripulire i social da troll, haters, fake news e gente in carne ed ossa che minaccia, insulta, offende. Siamo solo all’inizio e credo che tutto ciò possa servire a rendere la ‘rete’ più civile. Tutte le somme che dalle nostre denunce-querele riusciremo a racimolare le destineremo ad un fondo ad hoc che servirà a sostenere le associazioni di volontariato, i centri per disabili, quelli antiviolenza, e le associazioni che operano nelle periferie. Abbiamo recuperato materiale certamente penalmente rilevante, ma anche e soprattutto in grado di consentire azioni civili di risarcimento danni ai sensi dell’articolo 2043 del Codice civile, ovvero il risarcimento per fatto illecito. Ci siamo orientati a presentare denunce-querele per i post diffamatori riferibili a profili anonimi o falsi, in modo che la Polizia postale possa risalire ai responsabili o al server che genera automaticamente profili falsi e inesistenti. Nei casi in cui, invece, abbiamo individuato l’autore, si è deciso di procedere mediante azione civile” – conclude Faraone. Infatti, così è stato contro il quotidiano “La Verità” e il suo direttore, Maurizio Belpietro, per l’articolo, dello stesso Belpietro, pubblicato il 30 giugno scorso in prima pagina, e rilanciato sui social, dal titolo “La ritirata dei disonorevoli. Via i pirati Pd dal Parlamento”, con le fotografie di Graziano Delrio, Matteo Orfini, e Davide Faraone, gli stessi a bordo della “Sea Watch”, ritratti con la benda da pirata”.

 

 

 

 

 

 

Angelo Ruoppolo (Teleacras)

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