A Firenze gli sequestrano milioni di euro per omesse comunicazioni di variazioni patrimoniali. A Palermo negano la confisca e la pericolosità sociale di Marcello Dell’Utri.
A Firenze, dove la Procura indaga sui mandanti esterni alle stragi del ’93, sono stati sequestrati 10 milioni e 800 mila euro a Marcello Dell’Utri, di cui 8 milioni e 250 mila euro indirettamente alla moglie, perché, siccome lui è stato condannato per concorso esterno in associazione mafiosa, secondo la legge Rognoni – La Torre, ovvero il movente dell’omicidio di Pio La Torre, Dell’Utri avrebbe dovuto comunicare tutte le entrate e le uscite dei propri conti bancari, comprese le donazioni di Silvio Berlusconi. E per 10 anni non le avrebbe comunicate, nascondendo così variazioni patrimoniali per oltre 42 milioni di euro. La moglie di Dell’Utri, Miranda Ratti, nel 2020 ha divorziato dal marito. E i pubblici ministeri Luca Tescaroli e Luca Turco ritengono che tale separazione sia solo fittizia, utile per evitare i sequestri. Una parte della cifra sequestrata (quasi 4 milioni di euro) è stata bloccata nei conti di Marina e Pier Silvio Berlusconi, terzi non indagati. E ciò perché Dell’Utri vanta un credito per il testamento del padre.
Nel frattempo la Sezione misure di prevenzione del Tribunale di Palermo ha rigettato l’istanza della Procura di applicare a Dell’Utri la sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, in quanto socialmente pericoloso, e per la confisca dei suoi beni, sostenendo che parte del suo patrimonio fosse sproporzionato rispetto ai suoi redditi leciti. Il 29 settembre scorso il Tribunale ha rigettato l’istanza di sequestro ritenendo che non fosse stata dimostrata la provenienza illecita dei beni di Dell’Utri e della sua famiglia. E poi ha fissato l’udienza in cui discutere della confisca e della sorveglianza speciale. Nel frattempo il no al sequestro è stato confermato dalla Cassazione che lo ha reso definitivo. Adesso è stato sentenziato anche il “no” alla confisca e alla sorveglianza speciale allorchè manca il requisito essenziale dell’attualità della ritenuta pericolosità sociale.
E il Tribunale spiega testualmente: “Pur avendo le pregresse vicende giudiziarie (nel caso del processo per concorso esterno, concluso con condanna irrevocabile) acclarato la commissione da parte di Dell’Utri di condotte indubbiamente integranti manifestazioni di una pericolosità ‘qualificata’, le stesse riguardano fatti risalenti al 1994, rispetto ai quali (tenuto conto della peculiarità del caso e del tempo trascorso) alla data della presente decisione non ricorrono elementi concreti e certi di un effettivo ed attuale rischio di ricaduta nel reato”. E poi i giudici, ancora in riferimento alla ipotizzata pericolosità sociale dell’ex senatore, sottolineano: “Nessun elemento concreto raccolto nell’ultimo trentennio consente di reputare attuale il rischio di riattrazione di Dell’Utri nei circuiti criminali che lo hanno visto operare in collegamento con esponenti del sodalizio mafioso”.
Angelo Ruoppolo (Teleacras)