Mentre la provincia di Agrigento rischia di passare un’estate a secco per l’emergenza idrica, alcuni sindaci dell’ATI hanno come unica preoccupazione quella di riempire il CDA della nuova consortile con i soliti noti. Con la stessa idea miope e clientelare, in questi anni sono state gestite assunzioni, servizi e forniture portando Girgenti Acque al collasso.
Gestione pubblica non vuol dire gestione politica: fino a quando non ci sarà un cambio di rotta continueremo ad affrontare come emergenze i diritti fondamentali dei cittadini.
Rinnovo le questioni già esposte in commissione al governo regionale:
1) perché si è arrivati a giugno con un approvvigionamento del tutto insufficiente, ancor più durante l’emergenza sanitaria?
2) Turni di distribuzione dell’acqua di poche ore ogni otto giorni. Cosa ha fatto la regione per evitare questo disastro?
3) Mentre alla Regione si discute di riattivare persino il dissalatore di Porto Empedocle, fermo da anni, per alleviare subito i disagi di quasi 100 mila persone basterebbe spendere solo 300 mila euro (noccioline in relazione al bilancio della Regione) e acquistare una pompa più potente in grado di portare acqua dal Lago Castello fino al potabilizzatore di Santo Stefano di Quisquina. Così si potrebbe compensare il minore approvvigionamento da parte di Siciliacque, l’azienda metà pubblica e metà privata, che rivende l’acqua ai gestori dei servizi idrici a prezzo non esattamente di saldo: Girgenti Acque paga 0,70 euro al metro cubo quando, ad esempio, il gestore di Catania paga 0,15.
Perché Musumeci non muove un dito?