Con decisione pubblicata il 23/9/2021, la Suprema Corte di Cassazione, Seconda Sezione Civile, ha conclamato il principio secondo il quale, ai sensi del D.M. 2/4/1968 n. 1444, la distanza tra pareti finestrate di costruzioni frontistanti non deve essere minore di metri 10, regola da osservare inderogabilmente sia dai privati che dalla Pubblica Amministrazione nel rilascio dei relativi titoli abilitativi.
La decisione della Corte ha riguardato una controversia avvenuta nel Comune di Favara tra le parti B.G. e G.C. contro A.G., proprietari di due costruzioni, una già esistente e l’altra in corso, che non rispettava la predetta distanza rispetto alla prima.
Il proprietario del fabbricato in corso di costruzione, difeso dagli Avv.ti Girolamo Rubino ed Armando Buttitta, aveva invece sostenuto che la realizzazione della propria opera posta a 5 metri dal confine, doveva ritenersi legittima anche perché la costruzione del proprietario frontistante si asseriva essere stata eseguita senza la relativa concessione edilizia.
Il proprietario di quest’ultima costruzione, difeso dall’Avv. Gaetano Caponnetto, ha sostenuto, con riferimento alla Giurisprudenza del Giudice ordinario e del Giudice amministrativo, l’obbligatorietà inderogabile della norma citata, anche nell’ipotesi in cui fosse stato asserito che l’immobile costruito prima non fosse stato assistito da licenza edilizia, circostanza, comunque, codesta per la quale il proprietario ha provato l’ottenimento della concessione edilizia in sanatoria.
I Giudici della Suprema Corte, condividendo le opinioni dell’Avv. Gaetano Caponnetto, hanno sul punto affermato un principio di rilevante interesse secondo cui, anche nell’ipotesi che il fabbricato fosse ritenuto abusivo, “è ben ammissibile l’acquisto per usucapione di una servitù avente ad oggetto il mantenimento di una costruzione a distanza inferiore a quella fissata dal codice civile o dai regolamenti e dagli strumenti urbanistici, anche nel caso in cui la costruzione sia abusiva (come il ricorrente assume per il mancato completamento del procedimento di concessione in sanatoria) atteso che il difetto della concessione edilizia esaurisce la sua rilevanza nell’ambito del rapporto pubblicistico, senza incidere sui requisiti del possesso ad usucapionem”, e ciò in conformità agli asserti giurisprudenziali in materia.
Tesi codesta anche sostenuta nel controricorso dal difensore Avv. Gaetano Caponnetto, condivisa, pertanto, dalla Suprema Corte che ha così confermato la sentenza impugnata, condannando il ricorrente A.G., autore delle opere, alla demolizione di quelle in violazione della distanza di metri 10 dal fronte del fabbricato già esistente ed alle spese e compensi del giudizio.