L’avvocatessa agrigentina Francesca Picone è stata oggetto di tre diversi servizi televisivi in onda nel programma “Le Iene” su Italia Uno, nelle puntate dell’11 e 18 dicembre 2016, quindi, ancora prima del rinvio a giudizio, e il 12 febbraio 2019, dopo la condanna in primo grado. In riferimento ai tre servizi, l’avvocatessa Francesca Picone, tramite l’avvocato Angelo Farruggia, si è rivolta al Tribunale di Agrigento per ottenere che gli stessi servizi, in quanto diffamatori, fossero rimossi dal sito web delle Iene e dai profili social (facebook, twitter e instagram) riconducibili alla redazione e all’inviato Gaetano Pecoraro. L’avvocato Farruggia ha eccepito che: “Le Iene di Italia Uno, non attenendosi alla scrupolosa narrazione della vicenda, nonostante il delicato momento processuale, avevano deliberatamente travisato e costruito alcuni fatti ed omesso di riferirne altri, con l’obiettivo di screditare l’immagine della professionista per conseguire maggiore audience”. E il Tribunale di Agrigento ha ordinato la rimozione. Dopo la sentenza di primo grado, la redazione delle Iene, sempre con a capo l’inviato Gaetano Pecoraro, è tornata ad Agrigento per registrare un nuovo servizio televisivo, intervistando anche alcuni avvocati delle parti civili. Il servizio è stato in onda il 12 febbraio scorso, e l’avvocatessa Francesca Picone, nelle more raggiunta sui social persino da minacce di morte, tramite l’avvocato Angelo Farruggia si è una seconda volta rivolta al Tribunale di Agrigento, denunciando il carattere diffamatorio del servizio televisivo. Il Tribunale di Agrigento, con ordinanza dello scorso 25 luglio, ha ravvisato profili diffamatori nel servizio televisivo contestato. Pertanto Mediaset e la redazione delle Iene hanno già provveduto a rimuovere anche il servizio del 12 febbraio scorso dal sito delle Iene e dai relativi profili social. Il Tribunale, inoltre, ha censurato anche alcune espressioni offensive usate dall’inviato Gaetano Pecoraro. L’avvocato Angelo Farruggia commenta: “Il clamore mediatico alimentato ad arte da alcuni protagonisti della vicenda ha avuto ripercussioni sul sereno svolgimento del processo penale. In uno Stato di diritto, l’imputato deve potersi serenamente difendere nelle aule di giustizia e non ha gli strumenti per farlo dal parallello quanto ingiusto processo mediatico. Ogni invito alla prudenza rivolto alla redazione delle ‘Iene’ prima della messa in onda di ognuno dei tre servizi televisivi, è stato ignorato in nome dell’audience e del conseguente ritorno economico. Il diritto – dovere all’informazione in pendenza di un procedimento penale ancora in corso, deve essere maneggiato con estrema prudenza poichè la condanna mediatica, con i suoi devastanti effetti, spesso, è definitiva e non soggetta ad appello. Verrà il tempo in cui ognuno sarà chiamato a pagare il conto per il proprio operato”.
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