“Kafka. La verità tragica”.
Un centenario tra letteratura e filosofia nel racconto di Pierfranco Bruni pubblicato in questi giorni dall’editore Solfanelli. Questo lavoro sul narrato kafkiano apre una nuova interpretazione dei romanzi dello scrittore praghese, in cui l’amore ne è il labirinto e il cerchio, e riconcilia Franz Kafka (Praga, 3 luglio 1883 – Kierling, 3 giugno 1924) con i suoi personaggi in un’avventura letteraria ed ermeneutica.
L’ermeneutica può avere personaggi? È qui la non ovvietà di questo lavoro. Un vicolo didascalico che ci conduce “per una vita altra e una vita oltre”.
Questo Kafka di Pierfranco Bruni è un baule che racchiude ribellione e rivolta. Camus è di casa. Lo straniero – che, chissà, potrebbe essere identificato con l’Autore stesso – viaggia verso l’isola e giunge all’esilio. In tal senso, questo Kafka è anche un simbolico mosaico in cui gli echi e le voci giungono da un navigante che si trova spinto dalle onde omeriche verso il ritorno o verso le Colonne d’Ercole.
Così Bruni ci provoca: “Chi vuole realmente capire ciò che ho cercato di dire, forse senza ovvietà, legga il libro. Sono disposto a mettere tutto in discussione in un’altra vita, in quella immortale che non conosce, a mio avviso bonario, accuse, colpe e procedimenti. Solo in questa vita sono ammessi gli avvisi di garanzia. Non è la bellezza che si consuma nel passaggio di un attimo. Siamo noi che ci illudiamo di poter fermare l’attimo in una eternità. Da qui le nostalgie si incavano nella vita”.