E così si chiude l’esperienza agrigentina di un Prefetto che ha lasciato certamente una grande impronta sulla vita sociale di una città (e provincia) già abbastanza malmenate da fatti e circostanze che certamente non l’hanno aiutata.
Filippo Romano è stato ad Agrigento esattamente un anno e mezzo; seppur in un lasso di tempo relativamente breve, è stato uno dei prefetti più attivi che la città abbia mai avuto.
Romano ha dovuto affrontare (brillantemente) l’emergenza immigrazione ed è riuscito grazie ai suoi perentori interventi a risolvere il problema del sovraffollamento del centro di accoglienza di Lampedusa, da sempre pieno oltre ogni limite “umano”, ridando ai migranti quel briciolo di dignità che viene a mancare nei casi in cui i centro sono strapieni.
Fortissimo sostenitore di “Agrigento Capitale della Cultura 2025”, non ha evitato stoccate precise verso chi ha in mano questo progetto straordinario da portare a termine, facendo emergere spesse volte la striminzita tempestività nel portare avanti i lavori.
A fianco delle scuole, vicinissimo ai ragazzi, uno dei suoi motti principali è stato quello di sentire e interrogare coloro i quali rappresentano il nostro futuro.
Pregnante e assolutamente incisiva è stata la sua attività lavorativa per contrastare il gravissimo problema dell’acqua che si è abbattuto inaspettatamente in tutta la provincia agrigentina. Filippo Romano è stato, dunque, un Prefetto incisivo, assolutamente laborioso e capace di risolvere questioni assai delicate, come quello dell’acqua e dei migranti, nonostante le difficoltà che si sono presentate nel giro di pochissimo tempo.
Romano, però, non è stato amato da tutti gli agrigentini. Nella Città dei Templi esiste, purtroppo, una misera frangia di detrattori che ormai da alcuni anni, con la “scusa” di segnalare i problemi della città, non lesina di gettare fango quotidiano in modo inesorabile e meschino contro “la più bella città dei comuni mortali”. Un manipolo di manigoldi, accompagnato da nostalgici partiti politici, combattuto dalla gente sana e che per fortuna rappresenta la stragrande maggioranza di una città che invece di ricevere colate di fango giornaliero necessita di ben altre azioni propositive viste in prospettiva di un futuro certamente più raggiante rispetto a quello attuale. Mezzi, uomini e circostanze non mancano sicuramente.
Filippo Romano ha capito per primo, unitamente al vescovo di Agrigento mons. Damiano, che una serie di manifestazioni (e manifestanti) contro la crisi idrica erano spiccatamente rappresentate da un ben inquadrato gruppo politico, unitamente ai detrattori, i quali, sotto mentite spoglie, scendevano in piazza pronti a rappresentare i “salvatori della Patria”; al contrario, non hanno destato una buona impressione agli agrigentini i quali hanno capito subito di che pasta erano fatti e li ha tenuti a debita distanza. Movimenti, movimentini, partiti politici, associazioni e nulla più che hanno iniziato (e continuano) a scannarsi tra di loro.
Non a caso, le peggiori critiche rivolte al Prefetto Romano sono arrivate da loro. Il Codacons Agrigento (legalità e trasparenza…) ha accusato Sua Eccellenza “di fare poco per i problemi agrigentini e fare molto per sfruttare l’immagine che ne esce fuori di una importante vetrina come Agrigento Capitale della Cultura”.
Così come non è un caso il fatto che il “satiro dei poveri”, tale Cartannilica, fra i più potenti detrattori agrigentini (che cancella i commenti contro le sue iniziative e blocca chi li scrive), ieri, dopo avere appreso la notizia del trasferimento del Prefetto Romano in altra città si è lasciato andare ad un commento che recita testualmente: “Finalmente una buona notizia per la città di Agrigento…”.
Potremmo raccontarne tante altre invettive contro Filippo Romano, ma per decenza ci fermiamo qui.
Miserie umane…