La scuola fatta di emozioni provate e condivise.
La scuola che nasconde il senso della vita.
La scuola dove si impara, ma si impara anche ad imparare.
Perché è vero che esiste un metodo per imparare ad accogliere il sapere e la cultura che poi si tramuta in un metodo appassionato per imparare a vivere, a riconoscere le proprie attitudini, per accogliere i propri limiti senza sentirsi inadeguato o continuamente in competizione con gli altri, perché alla fine i limiti da superare sono sempre con se stessi.
Il metodo \”Vecchioni\”, del professor Roberto Vecchioni, che con i ragazzi del Liceo Beccaria passava 18 ore alle settimana insegnando loro greco, latino, italiano, storia e geografia (ma la geografia non la facevano quasi mai) … e non solo; insegnava loro a migliorarsi, a crederci, ad andare oltre, a confrontarsi, a capire e a non arrendersi mai. Al posto della geografia, analizzavano il pensiero letterario dei greci e dei latini.
Ieri sera Massimo Gramellini durante l\’ultima puntata di \”Le Parole\” in onda tutti i sabati alle 20.30 e su Rai 3, ha fatto una sorpresa al suo compagno di viaggio, invitando i ragazzi della V A che con lui si sono diplomati nell\’anno scolastico 1998-1999, causando in Vecchioni una profonda commozione.
Il \”metodo Vecchioni\” che prevedeva interrogazioni programmate e di gruppo, non certo facili (come hanno sottolineato i suoi ex alunni ormai adulti ed affermati).
E poi il premiare sempre l\’impegno, la costanza. Non interessava se fossi andato benissimo, all\’interrogazione. L\’importante era non studiare all\’ultimo minuto, preparandosi di fretta.
Interista sfegatato, il lunedì era una giornata che rifletteva i risultati delle partite.
lui, che tirava il gessetto – senza che nessuno mai se ne avesse a male – quando i suoi alunni dicevano corbellerie.
Il suo metodo prevedeva il togliere lo 0,5 per ogni errore commesso sui paradigmi, salvo poi non considerare mai quei voti che ne venivano fuori. E poi quel -2 dato per un compito in classe con i verbi tutti sbagliati. Ma non era mai cattiveria la sua, anzi li spronava a raggiungere degli obiettivi, studiando di più.
E così finche la sua alunna, che lui riteneva capace di grandi cose, non raggiunse il 7, continuò a metterle 4 anche se il compito non era da 4. Ma alla fine il \”metodo Vecchioni\” funzionò. I 4 sparirono; erano solo scritti a matita! rimase solo il 7.
In classe faceva i tornei di \”mercante in fiera\” e in palio c\’era anche la cancellazione di un voto brutto, o una giustificazione. Era un modo per stimolare, giocando. Le risposte giuste, alle domande di cultura generale e non solo specifiche delle sue materie, facevano guadagnare carte.
Insieme ai suoi ragazzi, giocava anche la schedina di classe.
Anche con i genitori aveva un rapporto particolare. Stemperava la soggezione, chiedendo ai genitori di parlare dei loro figli, che per Vecchioni non erano numeri da incasellare o nomi in elenco, ma delle persone con peculiarità, caratteri diversi e sogni, come quelli che lui cantava nelle sue canzoni.
Il cantautore famoso che però sapeva fare il prof, appassionando con le sue spiegazioni.
Appassionando, perché alla fine è indurre ad appassionarsi, la chiave per rendere i giovani non solo colti ma anche consapevoli dell\’importanza di ogni cosa che imparano e che servirà loro nel vivere, conservando la medesima passione e l\’entusiasmo, quello che Vecchioni ha lasciato nei suoi alunni.
Il prof che entrava in classe e si sentiva felice.
Il \”metodo Vecchioni\” prevedeva di essere \”in una sfera\”, come fuori dal mondo, quando era con i suoi ragazzi, ma al contempo dentro al mondo, capendo il mondo da dentro la loro sfera, attraverso le domande, lo scherzo, il parlare, non solo attraverso le materie didattiche da programma.
Era il loro professore, non il loro amico. Autorità e confronto.
Il \”metodo Vecchioni\” prevedeva delle ricerche, spesso a tema libero; a lui serviva per comprendere in che direzione andassero le loro idee.
Oggi alcuni dei suoi alunni sono diventati a loro volta docenti, ed hanno portato in questo difficile ma meraviglioso mestiere, tutta l\’esperienza di vita vissuta con il professor Roberto Vecchioni.
La scuola è insieme. La prima cosa è accorgersi dell\’altro, degli altri. Confrontare idee, pensieri, sorrisi e pianti, le problematiche dell\’età. La prima cosa della scuola per me, non è la materia insegnata ma l\’insieme. La cosa fondamentale della scuola è che deve prima insegnare a guardarti dentro, a capire come sei fatto, all\’umanità che dai dentro e poi quello che c\’è fuori, compreso il lavoro. Perché se ti scruti dentro, e non dimentichi la storia, hai sicuramente la capacità di superare tutto quello che c\’è fuori compreso le difficoltà. Quel fare che c\’è fuori, a scuola lo impari, anche se non è quella la tua strada. Avere cognizione di ciò che vive fuori da te. La storia non va mai lasciata indietro. Bisogna andare a scuola, per essere uomini
Roberto Vecchioni