Il \”Sistema Saguto\” in pendenza di Cassazione

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Il presunto scandalo delle amministrazioni giudiziarie dei beni confiscati alla mafia a Palermo. In Cassazione invocata la conferma della sentenza d\’Appello. Il servizio di Angelo Ruoppolo.
Il 28 ottobre del 2020 i giudici della sezione del Tribunale di Caltanissetta presieduta da Andrea Catalano, hanno condannato l’ex presidente della sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Palermo, Silvana Saguto, ad 8 anni e 6 mesi di reclusione. Severe condanne sono state inflitte anche al presunto “cerchio magico” della Saguto, tra amministratori giudiziari ed esponenti delle istituzioni. Poi, in Appello, il 24 febbraio del 2022, giorno dello scoppio della guerra in Ucraina, il sostituto procuratore generale, Claudia Pasciuti, ha invocato una condanna più severa, 10 anni di reclusione, a carico della Saguto, presunta punta del compasso di una illecita gestione dei beni confiscati alla criminalità. E la dottoressa Pasciuti, rilanciando le motivazioni della sentenza di primo grado, ha sostenuto: “Silvana Saguto poteva contare sistematicamente sulla disponibilità dell’avvocato e amministratore giudiziario Gaetano Cappellano Seminara, e poi del professor Carmelo Provenzano, ex docente alla ‘Kore’ di Enna e amministratore giudiziario anche lui: soggetti comprensibilmente inclini ad assecondare le pretese della Saguto per conseguire vantaggi che non sarebbero spettati. In sintesi, lei avrebbe affidato gli incarichi delle amministrazioni giudiziarie, e loro avrebbero ricambiato con favori di vario genere. Non era un’associazione a delinquere, ma un patto corruttivo permanente”. E poi, traendo spunto dal contestato episodio dei 20mila euro consegnati la sera del 30 giugno del 2015 alla Saguto nella sua abitazione, tutti in banconote da 50 euro, da Cappellano Seminara dentro un trolley, la Procura generale ha aggiunto: “Le risultanze delle indagini hanno dimostrato come la principale fonte di reddito di Lorenzo Caramma, ingegnere e marito di Silvana Saguto, negli anni dal 2006 al 2015 siano proprio i compensi corrisposti da Cappellano Seminara quale libero professionista e quale amministratore giudiziario. Cappellano Seminara non riceveva lucrosi incarichi dalla Saguto per le sue indiscusse capacità professionali quanto invece perché lo stesso poteva ricambiare attraverso il conferimento di incarichi al marito e attraverso le dazioni di utilità indebite. E il docente Carmelo Provenzano otteneva incarichi dagli amministratori nominati dalla Saguto, e in cambio si sarebbe adoperato per spianare la strada universitaria al figlio di lei Emanuele, e aiutarlo a raggiungere l’agognato traguardo della laurea. Pertanto le amministrazioni giudiziarie sarebbero diventate agenzie di collocamento di amici, parenti o persone segnalate dalla giudice Saguto e dai vari amministratori giudiziari nominati”. Ebbene, il 20 luglio del 2022 è stata emessa la sentenza della Corte d’Appello di Caltanissetta, presieduta da Marco Sabella. E adesso , innanzi alla Cassazione, il sostituto procuratore generale della Cassazione, Simone Perelli, ha invocato la conferma della sentenza dei giudici di secondo grado, che hanno inflitto a Silvana Saguto 8 anni e 10 mesi di reclusione, ovvero 4 mesi in più rispetto al primo grado. Poi Gaetano Cappellano Seminara 7 anni e 7 mesi. Poi Carmelo Provenzano 6 anni e 10 mesi. Poi Roberto Nicola Santangelo, amministratore giudiziario, 4 anni e 2 mesi. Poi Lorenzo Caramma 6 anni e 2 mesi. Poi l’ex prefetto di Palermo, Francesca Cannizzo, 3 anni. Poi Walter Virga, amministratore giudiziario, 1 anno e 4 mesi. Poi al tenente colonnello della Guardia di finanza Rosolino Nasca, già in servizio alla Dia, Divisione investigativa antimafia, di Palermo, sono stati comminati 2 anni e 8 mesi. Poi 1 anno e 10 mesi al preside della facoltà di Giurisprudenza ad Enna, Roberto Di Maria. Poi Maria Ingrao, la moglie di Provenzano, 2 anni e 8 mesi. E 2 anni e 8 mesi anche a Calogera Manta, cognata di Carmelo Provenzano. Infine è stato condannato a 4 mesi il figlio di Silvana Saguto, Emanuele, per una tesi di laurea che sarebbe stata scritta dal professore Provenzano. A breve è atteso il verdetto della sesta sezione penale della Suprema Corte, presieduta da Giorgio Fidelbo.
Angelo Ruoppolo (Teleacras)

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