Sul teatro del Canale di Sicilia e di Lampedusa proseguono le repliche della commedia della retorica e dell’inconcludenza a fronte di sbarchi, naufragi e cadaveri a galla.
Ancora una barca carica di migranti è affondata. Un barchino di resina, di circa 5 metri, con a bordo una trentina di extracomunitari, è colato a picco a 24 miglia dalla costa di Lampedusa. La Guardia Costiera ha tratto in salvo 26 persone: 22 uomini, 3 donne e un minore. Vi sarebbero però quattro dispersi: tre uomini e una donna. Ebbene adesso a parecchie miglia dalla costa di Lampedusa sono stati ripescati quattro cadaveri, in avanzato stato di decomposizione: due uomini e due donne. L’interrogativo: si tratta dei quattro di cui non vi è stata più traccia dopo l’ultimo affondamento, oppure sono stati vittime di altri naufragi?
Le quattro salme sono state trasferite nella camera mortuaria del cimitero di Lampedusa, dove già vi sono i due bambini, di 10 mesi e 1 anno, morti ustionati a causa dell’incendio divampato su un altro barchino. Si tratta di una stanza di 3 metri per 3, e oltre i due bimbi vi sono anche due tunisini recuperati morti nelle scorse settimane, per i quali si attende la prova del Dna. Non vi è una cella frigorifera, e attualmente nell’isola vi sono tra i 26 e i 28 gradi. E le ricerche nel frattempo proseguono perché nei pressi dell’isolotto di Lampione, in occasione di un concitato intervento di salvataggio ad opera di una motovedetta della Guardia di Finanza di Lampedusa, un altro barcone carico di migranti si è ribaltato. Le 72 persone a bordo sono cadute in mare. Sono state recuperate e tratte in salvo dai soccorritori. Il barcone è affondato. Una coppia ha però denunciato la sparizione della figlia, di poche settimane. Ed è ancora ricercata anche la madre di uno dei due bambini morti carbonizzati a seguito dell’incendio del motore a bordo durante la traversata verso Lampedusa.
I sopravvissuti hanno raccontato che lei è stata sbalzata fuori dalla barca perché investita dall’esplosione. Nel frattempo proseguono incessanti le traversate clandestine del Canale di Sicilia. Nelle ultime 24 ore sono approdate a Lampedusa altre 206 persone su quattro barche. Sono provenienti da Costa d’Avorio, Guinea, Burkina Faso, Senegal, Bangladesh ed Egitto. Il sindaco di Lampedusa, Filippo Mannino, come i suoi predecessori Giusi Nicolini e poi Totò Martello, ribadisce: “Siamo disarmati, tutto questo non è sostenibile. Come possiamo fare da soli a gestire tutto questo?”. Le stesse parole, e si accettano scommesse, saranno ripetute dal sindaco successore di Filippo Mannino, perché nulla sarà risolto. L’Europa da marzo scorso non è stata capace di accordarsi per un tetto al prezzo del gas, e figuriamoci se freghi alcunché di Lampedusa e del suo sindaco Giusi, Totò, Filippo e del prossimo Eusebio.
In Italia poi ancora peggio: tutti i politici o politicanti ciarlano di tassare gli extraprofitti delle aziende che sulla speculazione del prezzo dell’energia hanno guadagnato cifre stratosferiche. Addirittura l’Eni ha profitti del più oltre il 600%. Sarebbe quindi naturale ed eticamente doveroso che siano tassati tali extraprofitti e con il ricavato coprire il costo delle bollette dei cittadini e delle imprese. No: si ricorre allo scostamento di bilancio, quindi nuovo debito, per calmierare i costi. E gli oligarchi dell’energia prosperano. Filippo Mannino le racconto una barzelletta per rendere meglio quanto accade: tanti cittadini imbestialiti si sono radunati sotto il Municipio puntando il dito contro il sindaco e gridando: “Vulemu i casi, vulemu i casi”. E il sindaco gli ha risposto: “Ma itivinni a casa!”.
Angelo Ruoppolo (Teleacras)